Quella di Atelier è una serie che tra i confini giapponesi ha performato sempre costantemente bene, mentre in Occidente ha fatto un po’ più di fatica a conquistare una cerchia di appassionati. Sviluppata da Gust Co. Ltd. dal 1997, negli ultimi anni già il primo Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book del 2015 ha provato a smuovere le acque alla saga JRPG, ricevendo un discreto ma non alquanto impeccabile appoggio dei giocatori occidentali. Ma è con Atelier Ryza che qualcosa ha cominciato a sbloccarsi, grazie a una protagonista spumeggiante come Reisalin Stout – o più comodamente Ryza – e a una formula di gioco migliorata sotto tanti aspetti. Dopo Atelier Ryza: Ever Darkness & the Secret Hideout nel 2019 e Atelier Ryza 2: Lost Legends & the Secret Fairy nel 2021, Gust e Koei Tecmo decidono di chiudere l’epopea della nostra alchimista kawaii con Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key.
Quelle strane e inquietanti isole…
Parlando di un sequel diretto, Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key riparte a distanza di un anno dagli eventi raccontati nel secondo capitolo (vi lasciamo qui la nostra recensione di Atelier Ryza 2). In questa nuova epopea, Ryza e i suoi amici dovranno indagare sull’apparizione di alcune misteriose isole nelle acque vicine all’isola Kurken, conosciute come isole Kark. Per una ragione ignota, queste stanno avendo un impatto non positivo sulla loro terra e il problema è molto più complicato di quanto si possa immaginare. Ancora una volta la sontuosa alchimista, insieme a delle vecchie conoscenze dei capitoli passati, si metterà in cammino verso la scoperta di quelle criptiche isole, attraversando varie regioni e incontrando nuovi personaggi.
Senza indugiare in inutili spoiler, possiamo dire che non ci troviamo di fronte a una trama tra le più memorabili, ma tutto sommato non è neanche tanto malaccio. I dialoghi tra i personaggi ci tengono in dolce compagnia durante la nostra avventura, tra intense camminate o mentre ci fermiamo a contemplare dei punti d’interesse – scorci panoramici, monumenti o altro – come se stessimo sulle colline leopardiane a fantasticare cosa ci sia oltre il caro Infinito.
Oltre alle missioni della storia principale, che si assesta su una durata di circa 30 ore, abbiamo le consuete secondarie e le “Missioni casuali”, ovvero dei compiti speciali che si attivano automaticamente tramite un segale d’avvertimenti e che consistono in parlare con un determinato NPC e soddisfare la sua richiesta, oppure avvicinarsi in alcuni luoghi per raccogliere materiali specifici. Se siete completisti e volete dedicarvi anche a queste mansioni, il brodo dell’esperienza di Atelier Ryza 3 si allunga fino a raggiungere circa le 60 ore.
Unica doverosa puntualizzazione riguarda la localizzazione: il gioco è completamente in inglese con doppiaggio in giapponese. Se si vuole comprendere nel dettaglio tutto il canovaccio narrativo che ruota attorno alle vicende di Ryza e del resto del gruppo, tenete quindi presente che la fluida comprensione della lingua inglese è fondamentale.
Tra l’azione e la sana raccolta
Uno dei marchi di fabbrica della serie Atelier è il sistema di gioco basato sulla raccolta di materiali e la produzione di oggetti mediante il processo di sintesi. Naturalmente, Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key non è da meno. Abbiamo a disposizione una mole incommensurabile di risorse da raccogliere o comprare dai mercanti nelle città, in aggiunta a una quantità incredibile di oggetti da produrre tra consumabili, materiali speciali, armi e armature per i personaggi e attrezzi che ci aiutano nella raccolta. Soprattutto per quest’ultimo compito, a seconda dell’attrezzo che utilizziamo, possiamo ricavare diversi tipi di materiali da alberi, cespugli, massi rocciosi, specchi d’acqua e molti altri.
A proposito della sintesi, il vero cavallo di battaglia della nostra giovane alchimista, questo processo si rivela fondamentale per produrre gli oggetti e il sistema che ne consegue può sembrare inizialmente arzigogolato per i novizi della serie. Con un po’ di pratica, ciò diventa intuitivo e, se vogliamo dirlo, anche squisitamente divertente. Ogni materiale dispone di un massimo di 4 elementi e ognuno ne “contiene” un determinato numero, che ci serve per applicare nuovi effetti o amplificarne l’efficacia durante il processo. Possiamo perfezionare le capacità produttive di Ryza – e quindi fabbricare oggetti migliori – grazie alla presenza di un albero delle abilità, in cui possiamo sbloccare nuovi effetti spendendo un quantitativo di punti ottenuti nei processi di sintesi o tramite il completamento di missioni.
Quanto al combattimento ci troviamo di fronte a una sorta di sistema ATB, con i primi tre personaggi della lista a prendere parte allo scontro e due “in panchina”, pronti per entrare in sostituzione del personaggio attualmente attivo al nostro comando. Gli attacchi base si eseguono premendo al momento giusto il tasto dell’attacco, quando la barra dell’azione è carica da consentire l’esecuzione. Più cogliamo con precisione il timing, maggiore sarà il numero di azioni massime compiute creando delle concatenazioni. A questi vanno aggiunti dei punti speciali che, aumentandoli grazie agli attacchi base, servono per sferrare le tecniche più offensive dei personaggi in questione, dando vita perfino ad azioni combo in alcune circostanze della battaglia.
In attesa che la barra degli attacchi si riempia, dobbiamo fare attenzione agli assalti dei nemici. In nostro soccorso ci sono due meccaniche preziose: la parata – che serve a mitigare i danni subiti sfruttando anche qui il giusto timing per una miglior protezione – e le azioni veloci, che consentono di utilizzare gli oggetti per curare o infliggere danni ai nemici pagando una quantità di CC richiesta. Questi due stratagemmi mantengono il ritmo dei combattimenti molto alto, a tal punto che dobbiamo rimanere sempre vigili su ciò che sta succedendo o sono dolori per tutti. Mano a mano che progredite con l’avventura sbloccherete altre funzioni in grado di arricchire ulteriormente le strategie nelle battaglie.
Come in ogni titolo ruolistico che si rispetti, ogni personaggio dispone di un suo stile di combattimento e Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key non manca all’appuntamento sul fronte della diversità dei ruoli. Giusto una manciata di esempi, Ryza si comporta da bilanciatore del party, Klaudia non fa grossi danni con il suo arco ma è in grado di caricare velocemente i punti per sferrare le tecniche più forti, oppure Lent funge da tank ed è lento nell’eseguire le mosse per via del suo spadone. Sta a voi scegliere i membri adatti al vostro approccio e decidere come equipaggiarli con armi e armature create dalla sintesi, importanti per aumentare i parametri di base e donare effetti aggiuntivi.
Una gioia per gli occhi, ma…
Graficamente parlando, Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key è senza infamia e senza lode. In linea con i precedenti capitoli parliamo di un cel shading in pieno stile anime, dove pur avendo dei piccoli miglioramenti rispetto al passato rimane un pochino sporca, con le texture che non sono rifinite al meglio. Malgrado questo, c’è da dire che alcuni paesaggi ci hanno lasciato piacevolmente a bocca aperta, e il respiro di un mondo colorato e aperto si percepisce tranquillamente – anche se non è del tutto un open world per via di alcuni muri invisibili. Così come il design dei personaggi rimane di buona fattura tra estetica e caratterizzazione, in particolar modo la nostra frizzante Ryza. Nel complesso il titolo non è altamente ineccepibile sul fronte grafico, ma a prescindere da ciò riesce a difendersi più che sufficientemente.
Piccola nota di merito va ai caricamenti che, tranne in pochissimi casi, risultano veloci e non rallentano il ritmo dell’azione, soprattutto quando cambiamo location tramite il viaggio rapido o dobbiamo interagire con gli edifici per entrare o uscire da essi. Ma anche nell’altra circostanza non parliamo di attese eterne e questo può essere un punto a favore importante.
Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key chiude in modo egregio la trilogia dell’alchimista Reisalin Stout iniziata nel 2019. Pur non stravolgendo nulla sul fronte del sistema di gioco e dei combattimenti, e al netto di una resa grafica non eccellente ma neanche da buttare alle ortiche, l’opera di Gust e Koei Tecmo intrattiene e diverte, presentando una profondità di gameplay che – almeno per i novizi – va compresa attentamente in prima battuta e diventa poi tanto coinvolgente da lasciarsi travolgere dalla voglia di raccogliere le risorse e dal crafting compulsivo. Un viaggio giunto al capolinea che merita di essere vissuto, soprattutto dagli amanti della serie.
L’articolo Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & the Secret Key – Recensione proviene da GameSource.
AGI – Calogero Montante, avvocato d’ufficio del boss Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi del ’92, ha chiesto alla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta, di essere dispensato dall’incarico per motivi di salute. La Corte, dopo una breve camera di consiglio, ha accolto l’istanza ed è stata designata legale d’ufficio l’avvocata Adriana Vella.
L’avvocato subito dopo la nomina, ha preso parte all’udienza in corso e ha chiesto un termine a difesa per studiare il fascicolo processuale, richiesta accolta dalla Corte. Il processo è stato rinviato al 25 maggio. Per la terza volta oggi il capomafia di Castelvetrano ha rinunciato a presenziare in videocollegamento.
Montante ha fatto pervenire alla Corte un certificato di malattia con una prognosi di almeno un mese per un intervento chirurgico al quale è stato sottoposto. Il procuratore generale Antonino Patti non si è opposto alla richiesta avanzata da Montante.
Una decina di giorni fa, il penalista aveva denunciato alla polizia di aver subito minacce di morte mentre nell’udienza dello scorso 9 marzo, aveva sostenuto di essere incompatibile con la nomina appena ricevuta poiché in passato era stato difensore d’ufficio del falso pentito Vincenzo Scarantino sia nel Borsellino quater che in appello e di ricoprire la carica di vice procuratore onorario alla procura di Palermo. Eccezione però che era stata rigettata.
AGI – Il presidente della Qatar Islamic Bank, lo sceicco Jassim Bin Hamad Al Thani, e il miliardario britannico Jim Ratcliffe avrebbero presentato una seconda offerta per acquistare il club inglese del Manchester United, dopo aver ottenuto una proroga dal gruppo Rane che si sta occupando della cessione rispetto alla deadline delle ore 21 di ieri sera. “Possiamo confermare che la nostra offerta è stata presentata”, ha detto ad Afp una fonte vicina allo sceicco Jassim, senza fornire altri dettagli.
A novembre dello scorso anno la famiglia statunitense dei Glazer, proprietaria del ricco club tra i più titolati della Premier League, ha messo in vendita la società. Una prima asta, a metà febbraio, si era rivelata insoddisfacente per i proprietari, che puntano ad incassare quasi 7 miliardi di euro, mentre le prime proposte sarebbero state vicine ai 5 miliardi.
La stampa inglese riporta anche che a questa seconda tornata di aste avrebbe partecipato anche Ratcliffe, proprietario del gruppo petrolchimico Ineos e di diverse squadre di calcio, tra cui l’Ogc Nice in Francia.
AGI – La moda cambia e cambiano anche i suoi direttori creativi, forse perché la moda “sta per diventare un po’ meno divertente”? Più che una domanda, quella del New York Times è un’affermazione di fronte al nuovo cambio della guardia in una maison della moda globale: Jeremy Scott lascia infatti il suo incarico di direttore creativo di Moschino dopo un mandato lungo dieci anni che ha di sicuro “ringiovanito il marchio utilizzandolo come veicolo per prendere in giro il consumismo e contemporaneamente celebrarlo in acrobazie visive fatte su misura per l’era di Instagram”, sottolinea il giornale, che non manca di evidenziare come l’uscita segua solo di qualche mese quella di Alessandro Michele da Gucci, altro fantasioso ed estroverso stilista che ha contribuito non poco a rinfrescare il marchio, anche con una serie di singolari passerelle-evento.
Al momento Moschino non ha ancora designato il successore di Scott, ma di certo “il cambio rimodellerà ulteriormente il mondo della moda italiana, dove l’abilità di Scott di iniettare una sorta di ironico umorismo pop postmoderno negli abiti ha catapultato Moschino verso una sua nuova rilevanza”, annota il quotidiano americano sempre attento alle uscite e alle entrate nel settore, in quanto il marchio è diventato uno dei preferiti di celebrità come Miley Cyrus, che una volta ha vestito un abito T-shirt Moschino con la scritta “Non avevo niente da mettermi, quindi ho indossato questo abito Moschino” e Katy Perry, “che ha indossato invece un lampadario Moschino al Met Gala 2019”.
Nel ripercorrere la carriera dello stilista, il New York Times mette in evidenza come quasi da subito Jeremy Scott abbia “con il suo gioco di parole abbia attirato una generazione cresciuta sui social media” al punto da segnare “un boom di vendite, almeno fino allo scorso anno” quando nel 2022 Aeffe — il gruppo che detiene anche i marchi Alberta Ferretti, Philosophy di Lorenzo Serafini e Pollini — “ha registrato una perdita di 9 milioni di euro (circa 10 milioni di dollari) su ricavi per 352 milioni di euro (circa 377 milioni di dollari)”, in particolare a causa “delle complicazioni del mercato in Cina”.
Tuttavia, secondo il quotidiano Usa, quel che non è chiaro è se il mandato di Scott a Moschino “sia terminato a causa di un cambiamento nell’umore generale nel settore, che si sta allontanando dal brusio teatrale dei social verso l’atemporalità nel mentre le vendite di marchi di lusso classici tra cui Chanel e Hermès salgono” oppure se, come si dice in giro “un decennio è semplicemente sufficientemente lungo perché un singolo direttore creativo possa dirigere una casa di moda”.
Massimo Ferretti, presidente di Aeffe, il gruppo che possiede Moschino, in una dichiarazione ha ringraziato Scott per “aver inaugurato una visione distinta e gioiosa che farà per sempre parte della storia di Moschino”.
AGI – Cugino “più piccante” e “frizzante” dello yogourt, con la consistenza cremosa di uno yogurt, il kefir – come lo stesso yogurt – contiene poco o niente lattosio, “quindi può essere adatto a persone che soffrono d’intolleranza ai latticini”.
“C’è da migliaia d’anni”, scrive il Washington Post, è fatto con latte di mucca o di capra e colture vive chiamate “grani di kefir”, che sono grumi di microbi gelatinosi composti da batteri e lieviti. Il latte viene versato sui chicchi, che possono essere riutilizzati all’infinito perché “i grani di kefir fermentano lo zucchero naturale nel latte, il lattosio, e 24 ore dopo si ha la bevanda a base di latte”.
Tuttavia le proprietà nutritive del kefir sono simili a quelle dello yogurt per le proteine e per il calcio, anche se le “quantità di nutrienti contenute variano leggermente a seconda della marca”, precisa il giornale. In ogni caso, il kefir “è un’ottima aggiunta alla dieta, perché ha un contenuto di batteri probiotici più elevato e diversificato”, sottolinea la nutrizionista di Consumer Reports Amy Keating, per la quale il kefir ha una buona quantità e varietà di microbi sani e proprio la diversità “fa sì che i probiotici si riproducano nell’intestino” con risultati benefici in generale per la salute di tutto il corpo, perché “i probiotici aiutano ad neutralizzare il cibo, sintetizzare le vitamine, impedire ai batteri che causano malattie di prendere il sopravvento e possono persino rafforzare l’immunità”.
I probiotici, infatti, “producono composti bioattivi, come gli acidi grassi a catena corta che hanno effetti antinfiammatori che possono aiutare problemi sistemici come la gestione del colesterolo e la sintesi dei neurotrasmettitori”, afferma Sotiria Everett, medico di famiglia allo Stony Brook Medicine di New York.
In un recente studio della Stanford University i ricercatori hanno inoltre capito che una dieta a base di alimenti fermentati “aumenta la diversità del microbioma e diminuisce i marcatori di infiammazione nel corpo”.
AGI – La Federal Reserve ha approvato un altro aumento dei tassi di interesse di un quarto di punto percentuale, ma segnala che le turbolenze del sistema bancario potrebbero porre fine alla sua campagna di rialzo del costo del denaro prima di quanto fosse dato per scontato due settimane fa. La decisione annunciata stasera segna il nono aumento consecutivo dei tassi da parte della Fed e porta il tasso di riferimento sui Fed Funds all’interno di un intervallo compreso tra il 4,75% e il 5%, il livello più alto da settembre 2007.
La Fed lascia comunque intendere che potrebbe aver finito di aumentare i tassi di interesse nel breve termine. Nel comunicato diffuso al termine della due giorni di riunione, il Fomc dichiara che la banca centrale “prevede che potrebbe essere opportuno un ulteriore irrigidimento delle politiche” monetarie. Una formula diversa rispetto a quella utilizzata nelle otto occasioni precedenti, quando era stato invece semplicemente definito necessario “il proseguimento dell’aumento” dei tassi.
Federal Reserve Board and Federal Open Market Committee release economic projections from the March 21-22 FOMC meeting: https://t.co/AvEnB8ikeV
— Federal Reserve (@federalreserve)
March 22, 2023
La Fed sottolinea anche che è troppo presto per dire quanto le recenti tensioni bancarie rallenteranno l’economia. Ma “il sistema bancario statunitense”, assicura “è solido e resistente”. Secondo il Fomc, “è probabile che i recenti sviluppi provochino un inasprimento delle condizioni di credito per le famiglie e le imprese e che pesino sull’attività’ economica, sulle assunzioni e sull’inflazione”. Ma “l’entità’ di questi effetti è incerta”.
Tutti gli 11 membri del Comitato federale per il mercato aperto hanno approvato la decisione. Secondo le nuove proiezioni, 17 dei 18 membri che hanno partecipato alla riunione si aspettano che il tasso sui Fed Funds salga almeno al 5,1% entro la fine dell’anno, il che implica un ulteriore aumento di un quarto di punto.
Le difficoltà delle banche si riflettono comunque sull’andamento dell’economia. Le nuove proiezioni pubblicate stasera puntano a una crescita del Pil pari allo 0,4% nel 2023, all’1,2% nel 2024 e all’1,9% nel 2025, contro rispettivamente il +0,5%, +1,6% e +1,8% atteso a dicembre. Il tasso di disoccupazione è previsto attestarsi al 4,5% quest’anno e al 4,6% nei prossimi due. L’indice dell’inflazione Pce è dato al 3,3% nel 2023, contro il 3,1% delle stime di dicembre, ed è stato lasciato invariato al 2,5% nel 2024 e al 2,1% nel 2025.
In conferenza stampa Powell ha utilizzato tutto la sua autorevolezza per rassicurare sulle condizioni di salute del sistema bancario a stelle e strisce. Il sistema bancario statunitense, ha assicurato, resta “solido, resiliente e ben capitalizzato” e “tutti i depositi sono al sicuro”. E la Fed, ha aggiunto, “è pronta a usare tutti gli strumenti a disposizione per mantenerlo”.
Chair Powell answers reporters’ questions at the FOMC press conference on March 22, 2023. https://t.co/siWde1ROZb pic.twitter.com/CoJcKOhfAT
— Federal Reserve (@federalreserve)
March 22, 2023
I fallimenti della Silicon Velley Bank e della Signature Bank, ha proseguito Powell, restano casi a sé. La gestione della Silicon Valley Bank, ha rilevato, “ha fallito gravemente”, ma “non si tratta di debolezze che si estendono a tutto il sistema bancario”. Il crac deve però far riflettere sulla necessità di un irrigidimento delle regole di vigilanza. In questo momento, ha detto ancora il presidente della Fed, “l’unica cosa che mi interessa è capire come sia successo, cosa sia andato male”.
La lotta all’inflazione resta comunque in campo. Il costo della vita negli Usa ha rallentato la sua corsa, ma le pressioni restano ancora “troppo elevate”. E “senza stabilita’ dei prezzi”, ha ammonito, “l’economia non funziona”. La Fed resta “fortemente impegnata” a riportare l’andamento dei prezzi al consumo attorno all’obiettivo del 2%. Anche per questo non si prevedono tagli di tassi entro la fine di quest’anno.
Il restringimento delle condizioni finanziarie determinato dalla crisi bancaria può comunque consentire una pausa di riflessione: “Si può pensare che sia l’equivalente di un aumento dei tassi o forse qualcosa di più”, ha affermato Powell. E in ogni caso, ha concluso, “c’è ancora spazio” per un atterraggio morbido” dell’economia a stelle e strisce e “lo troveremo”.
La reazione di Wall Street
Wall Street ha chiuso in forte calo una sessione dominata dall’attesa per le decisoni della Fed e decisa nel finale dalle parole di Jerome Powell che ha ribadito la necessita’ di abbattere l’inflazione. L’indice Dow Jones ha terminato la sessione in ribasso dell’1,63% a 32.028 punti, l’S&P 500 dell’1,66% a 3.936 e il Nasdaq dell’1,60% a 11.669.
La scelta della Fed di aumentare il costo del denaro di altri 25 punti base era largamente attesa, ma il mercato, fino a quel momento senza particolari spunti, aveva trovato motivi di ottimismo nella formula usata per comunicare il nuovo ritocco, che sembrava aprire a una pausa nella stretta monetaria dopo nove rialzi consecutivi.
L’intervento di Powell, che ha rassicurato sullo stato di salute del sistema bancario ma è anche tornato a sottolineare con forza la volontà della banca centrale di combattere il surriscaldamento dei prezzi al consumo ha pero’ fatto rapidamente cambiare umore agli investitori e spinto tutti gli indici in rosso.
AGI – Dal trionfo a Euro 2020 nella cornice di Wembley alla gara d’esordio del girone di qualificazione verso Euro 2024, passando per le due sfide di Nations League del 2022: nel giro di poco più di un anno e mezzo, Italia e Inghilterra si ritroveranno faccia a faccia per la quarta volta. Chi lo chiama grande classico, chi ogni volta rivive con la mente le meravigliose ‘notti magiche’ dell’estate 2021, chi non aspetta altro che godersi nuovamente gli Azzurri affrontare la nazionale dei Tre Leoni.
Nell’infuocato stadio Diego Armando Maradona di Napoli, che sta vivendo e coltivando tanti sogni in questa stagione, gli uomini di Roberto Mancini scenderanno in campo per il primo grande appuntamento del Gruppo C con vista sui campionati europei di Germania 2024.
Con loro, oltre agli inglesi appunto, la Macedonia del Nord che recentemente ha posto fine alle speranze azzurre di partecipazione allo scorso Mondiale di Qatar, l’Ucraina e infine Malta. Un girone tutto sommato abbordabile, ma dal quale solo le prime due in classifica ne usciranno direttamente con il pass in mano. Partire domani con il piede giusto, quindi, sarà fondamentale per l’Italia. Un’Italia che verosimilmente sarà priva di capitan Leonardo Bonucci, colui che firmò il pareggio nella finale di Euro 2020, costretto quasi al 100% ad alzare bandiera bianca.
Il difensore della Juve, ancora una volta, ha lavorato solo in palestra rendendo difficile la sua disponibilità per la gara. Toloi e Acerbi potrebbero essere quindi i due centrali, con Di Lorenzo e Spinazzola ad agire sulle fasce. A centrocampo, nel 4-3-3, il solito terzetto formato da Jorginho, Verratti e Barella, mentre in avanti si candida subito per un maglia da titolare il neo azzurro Retegui, in ballottaggio fino all’ultimo con Scamacca.
A destra dovrebbe giocare Berardi, a sinistra invece Pellegrini, con Politano e Gnonto come eventuali alternative. Sponda Inghilterra, invece, se è vero che Gareth Southgate sarà costretto a fare a meno dello scatenato Rashford e di un gioiellino come Mount, gli elementi a disposizione del ct inglese per disegnare una formazione di qualità ci sono tutti. Pickford difenderà i pali, Walker, Maguire, Stones e Shaw comporranno con ogni probabilità la linea dei quattro dietro.
A centrocampo dovrebbero agire Rice, Bellingham ed Henderson, mentre in avanti a supporto di Kane, a caccia del gol numero 54 in nazionale, ci saranno Saka e Foden.
AGI – Nella linea paterna di Ludwig van Beethoven sembra essersi verificato un evento extraconiugale, che potrebbe aver provocato una particolare divergenza nell’albero genealogico del compositore. Questi, in estrema sintesi, sono i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, condotto dagli scienziati dell’Università di Cambridge, del Beethoven Center San Jose, dell’American Beethoven Society, dell’University Hospital di Bonn, dell’Università di Bonn, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, della Katholieke Universiteit Leuven e di FamilyTreeDNA. Il gruppo di ricerca, guidato da Tristan Begg, ha esaminato cinque ciocche di capelli, comprovate autentiche, risalenti agli ultimi sette anni di vita del famoso compositore e ottenute grazie a collezionisti privati.
Nel 1802 Beethoven chiese al proprio medico di lasciare degli scritti per descrivere la malattia che lo stava corroborando e da allora la scienza si interroga sui motivi alla base del peggioramento della sua salute, come la progressiva perdita dell’udito che lo ha portato alla sordità nel 1818. L’analisi al dna rivela che Beethoven aveva contratto l’epatite B, il che, insieme al consumo significativo di alcol, potrebbe aver contribuito alla sua prematura dipartita nel 1827, a 56 anni.
I ricercatori non hanno tuttavia individuato una causa definitiva per i problemi clinici del compositore, ma hanno scoperto una serie di fattori di rischio genetici legati alle malattie del fegato. Dalla cirrosi all’ittero fino all’epatite B, il musicista sembra infatti aver sperimentato diverse problematiche epatiche nel corso della propria esistenza. “I diari che Beethoven ha utilizzato nell’ultimo decennio della propria vita – osserva Begg – sembrano suggerire che facesse un consumo regolare di alcol, anche se è difficile stimarne la quantità precisa. Questo comportamento, insieme ai fattori di rischio genetici, potrebbe aver contribuito alla manifestazione della cirrosi”.
Per quanto riguarda invece la perdita dell’udito, sono state formulate varie ipotesi, e gli scienziati non hanno identificato una semplice origine genetica di questo disturbo. “Sebbene non sia stato possibile identificare una chiara base genetica per la problematica più nota di Beethoven – commenta Axel Schmidt dell’Istituto di Genetica Umana presso l’Ospedale Universitario di Bonn – non possiamo escludere questa possibilità. Comprendere le motivazioni che hanno portato il compositore a perdere la capacità di sentire i suoni potrebbe aiutarci a contrastare l’ipoacusia”.
Il lavoro ha inoltre dimostrato che le precedenti ipotesi relative all‘avvelenamento da piombo del musicista erano fondate sull’analisi di campioni di dna appartenenti in realtà a una figura femminile. Pur non essendo in grado di ricostruire con precisione le dinamiche del decesso del musicista, i ricercatori hanno effettuato un’altra scoperta interessante nel suo albero genealogico. Analizzando la genetica dei familiari di Beethoven, gli studiosi hanno infatti individuato le prove di una relazione adulterina nella linea paterna del compositore, che avrebbe generato un parente illegittimo intorno al 1572, circa sette generazioni prima della nascita di Ludwig.
“Abbiamo notato una discrepanza tra la genealogia familiare e quella biologica – riporta Maarten Larmuseau, della Katholieke Universiteit Leuven – il mancato ritrovamento del documento battesimale di Beethoven aveva sollevato dubbi da parte degli storici sulla sua famiglia, ma non sappiamo ancora rispondere ad alcuni interrogativi sulla vita del grande compositore”. “Speriamo che il nostro lavoro possa contribuire a risolvere alcuni dei misteri che avvolgono la figura di Ludwig van Beethoven – conclude Begg – sulla sua salute, sulla sua morte e il suo albero genealogico”.
AGI – Chi rompe, paga. O meglio: ripara. Almeno è l’obiettivo che una proposta della Commissione Europea che prevede il diritto alla riparazione. “La riparazione è la chiave per porre fine al modello ‘prendi, crea, rompi e getta’ che è così dannoso per il nostro pianeta, la nostra salute e la nostra economia. Non c’è motivo per cui un cavo difettoso o un ventilatore rotto debbano costringerti ad acquistare un prodotto completamente nuovo”. Ne è convinto il vice presidente della Commissione, Frans Timmermans, che aggiunge: “L’anno scorso abbiamo proposto regole per garantire che i prodotti siano progettati per essere riparabili. Oggi proponiamo di rendere effettivamente la riparazione delle cose l’opzione facile e attraente per i consumatori”.
La proposta punta anche a cambiare il modello di approccio verso i prodotti, in gran parte elettronici. “Vogliamo aiutare i consumatori a riparare i loro prodotti, se lo desiderano. Diamo loro gli strumenti per fare scelte più informate e confrontabili – spiega la vice presidente Vera Jourova -. Vogliamo incentivare i produttori, in modo che rendano possibile la riparazione, piuttosto che impegnarsi in una corsa senza fine di acquistare nuovi prodotti di cui noi consumatori non abbiamo bisogno. Ciò non è sostenibile e non lascia scelta ai consumatori”.
Con il diritto alla riparazione la Commissione europea prevede importanti benefici per l’ambiente e per l’economia. Meno prodotti gettati via significa meno rifiuti, meno materiali necessari per produrre nuovi beni e meno emissioni di gas serra nel processo di produzione e vendita. Si stima quindi che l’iniziativa consenta un risparmio di emissioni di gas serra di 18,5 milioni di tonnellate, un risparmio di risorse di 1,8 milioni di tonnellate e 3 milioni di tonnellate di rifiuti in 15 anni.
“La nostra proposta aiuterà le persone a rivedere i propri modelli di consumo nel modo che desiderano, piuttosto che in un modo in cui sono costrette a farlo, così da aumentare il tasso di riparazione e riutilizzo dei beni e portare risparmi significativi”, aggiunge Jourova.
Sul fronte dell’economia, i risparmi per venditori e produttori sono stimati dalla Commissione in circa 15,6 miliardi di euro nei prossimi 15 anni, riparando i prodotti invece di sostituirli gratuitamente in base alla garanzia. Gli investimenti aumenteranno di 4,8 miliardi di euro sempre nell’arco di 15 anni. Inoltre, i consumatori dell’Ue otterranno notevoli risparmi, pari a 176,5 miliardi di euro nei prossimi 15 anni. La proposta comporterà anche un netto aumento dei posti di lavoro, principalmente nel settore delle riparazioni nell’Ue.
AGI – Pedala tra le strade della Capitale per consegnare il cibo, e per tutti è il “professor Rider”. Rafael, cinquantenne venezuelano, prima di rifugiarsi in Italia nel 2014 era infatti un insegnante di cinema e fotografia in un liceo artistico.
“Adesso sono un rider e sono entrato nel sindacato, nella Cisl – racconta all’AGI – pedalo almeno cinque ore al giorno. Soprattutto la sera, perché la gente inizia a fare richieste anche a mezzanotte. Ricevo la stessa paga, non c’è differenze con il giorno, l’unica nota positiva è che a tarda sera non ci sono tante macchine. Però d’inverno – ammette – fa davvero troppo freddo”. È sceso in piazza, in Campidoglio, per chiedere maggiori tutele.
“Chiedo un po’ di sicurezza – prosegue – la situazione è davvero preoccupante. In Italia si muore molto per gli incidenti stradali. Credo che qualcosa non funzioni”. Non solo l’insicurezza stradale, ma anche la piaga del razzismo. “Mi è capitato che qualcuno, anche nei ristoranti, mi dica ‘resta fuori’. All’inizio pensavo che il motivo fosse legato alla pandemia. Adesso però, di questi tempi, capisco che è un motivo razziale. Mi è capitato anche con le persone che lavorano intorno ai clienti, ad esempio nelle palazzine, quando mi dicono “non puoi entrare” e frasi di questo tipo. Secondo me è un sotto-razzismo che esiste qui”.
“Nessuno ha il coraggio di dirlo, ma io non ho paura. Parlavo con un collega egiziano, e anche lui mi ha detto di aver vissuto situazioni simili. Questa cosa non credo esista in Francia o in Germania”. Rafael è orgoglioso delle sue origini e apprezza le bellezze romane: “ascolto musica latina, salsa, messicana e in bicicletta osservo Roma e imparo a conoscerla. Utilizzo una bicicletta non elettrica. La gente paga la palestra per restare in forma – prosegue con un pizzico di ironia – e io vengo pagato per portare cibo, sempre con il sorriso sulle labbra”.
Affrontare ogni giorno in bicicletta le strade della Capitale, tuttavia, non è affatto facile. Il rischio di incorrere in incidenti è dietro l’angolo. “Sono stato investito a piazza Bologna – dice ancora Rafael – il conducente della macchina mi ha detto che non mi ha visto. Ma come ha fatto a non vedermi? Sono vestito con il catarifrangente. Mi ha lasciato dolore alla gamba destra. Forse era ubriaco”. A maggio compirà un anno nell’azienda per cui lavora. “Il nostro lavoro è pericoloso – conclude – ma una cosa è il pericolo, un’altra il rischio costante. E questo non lo possiamo accettare”.