AGI – Le case automobilistiche sudcoreane Hyundai e Kia hanno richiamato un totale di 3,3 milioni di auto negli Stati Uniti a causa del rischio di incendi, invitando i proprietari a parcheggiare le auto all’esterno e lontano dagli edifici in attesa delle riparazioni. La National Highway Traffic Safety Administration statunitense ha affermato che “gli incendi possono verificarsi sia quando il veicolo è parcheggiato e spento, sia durante la guida”.
Le auto interessate sono 1,64 milioni di veicoli Hyundai e Genesis, dal 2010 al 2015, e 1,73 milioni di veicoli Kia, dal 2010 al 2017. Il problema deriva da una potenziale perdita di liquido dei freni dal sistema antibloccaggio (ABS), che potrebbe “causare un cortocircuito elettrico“, che “potrebbe portare a una sovracorrente significativa nel modulo ABS, aumentando il rischio di un incendio del vano motore durante la guida o la sosta”, specifica la Nhtsa.
“Hyundai intende chiedere ai proprietari di portare il proprio veicolo al concessionario più vicino per sostituire il fusibile del modulo ABS. Kia sta ancora lavorando a un rimedio”, ha dichiarato l’NHTSA. Entrambi i produttori hanno dichiarato di non essere a conoscenza di “incidenti, feriti o morti associati a questo difetto”.
Hyundai ha segnalato 21 incendi di veicoli legati al difetto negli Stati Uniti, oltre a 22 incidenti termici, tra cui fumo visibile, ustioni e componenti fusi. Kia, invece, ha segnalato un incendio del vano motore, tre incendi di unita’ e sei casi di fusione di componenti.
AGI – Il messaggio della Federal Reserve secondo cui i tassi di interesse sono destinati a rimanere più alti e per più tempo sta penalizzando pesantemente sia le Borse, sia i titoli di Stato.
I mercati azionari globali hanno registrato la loro serie di perdite più lunga da due anni a questa parte, spingendo gli investitori a rifugiarsi nel dollaro, mentre il prezzo del petrolio vola e l’obbligazionario perde colpi.
A mettere in agitazione i mercati ci ha pensato la scorsa settimana la Fed, che ha segnalato un altro rialzo dei tassi per fine anno e meno tagli in arrivo nel 2024 e 2025. “Quest’anno il mercato si è costantemente sbagliato riguardo alla politica della Fed”, commenta Kevin Gordon, senior investment strategist di Charles Schwab.
All’inizio del mese i trader del mercato dei future scommettevano che i tassi d’interesse Usa sarebbero stati intorno al 4,2% entro la fine del 2024. Ora scommettono su un tasso del 4,8% entro quella data. Intanto in Asia i listini arretrano e i future a Wall Street sono deboli dopo che mercoledì i tre indici di New York hanno chiuso misti, con il Dow Jones giù dello 0,2%, il Nasdaq che ha guadagnato lo 0,22% e lo S&P che ha segnato un +0,06%, cedendo oltre il 5% a settembre e registrando la sua prima perdita trimestrale in 12 mesi. Anche il rendimento dei Treasury a 10 anni è balzato al 4,64%, il top dal 2007 e oggi in Asia resta sopra quota 4,6%, mentre il tasso dei titoli a 30 anni si è impennato al 4,69%, il massimo da oltre 11 anni.
A pesare sui mercati ci sono anche i prezzi del petrolio, aumentati del 30% da giugno e che viaggiano verso i 100 dollari al barile, con i future sul Wti che oggi in Asia sono saliti sopra 95 dollari, per la prima volta dall’agosto 2022 e i future del Brent che hanno toccato il massimo da un anno a 97,69 dollari.
Non si ferma intanto la corsa del dollaro, salito ai top da sei mesi. La valuta a stelle e strisce ha toccato il massimo da marzo su euro, sterlina e yen. “Il mondo continua a diventare più caro – avverte in una nota l’analista di Capital.com, Kyle Rodda – l’aumento del petrolio ha incrementato la pressione al rialzo sui rendimenti obbligazionari e la combinazione di petrolio più alto, rendimenti più alti e un biglietto verde più alto non è certo di buon auspicio per l’azionario”.
Iin Asia, la Borsa di Tokyo perde quasi l’1,9%, dopo che il ministro delle Finanze giapponese, Shunichi Suzuki, non ha escluso alcuna opzione per gestire l’eccessiva volatilità valutaria, ribadendo i suoi avvertimenti contro le mosse speculative sullo yen che viaggia ai minimi da 11 mesi e ha ripreso a sfiorare quota 150 sul dollaro, un livello che i mercati considerano come una linea rossa che spingerebbe le autorità giapponesi a intervenire, come hanno fatto l’anno scorso.
Tuttavia, gli analisti sono scettici sulla possibiitò che un simile intervento possa realmente rafforzare lo yen, data la divergenza che esiste nella politica monetaria tra Stati Uniti e Giappone, con la Fed che mantiene tassi elevati e la Boj che preferisce non cambiare la sua politica monetaria ultra-accomodante.
Giù di oltre l’1% Hong Kong mentre Shanghai galleggia per colpa delle rinnovate preoccupazioni sul mercato immobiliare cinese, con le negoziazioni dei titoli di China Evergrande sospese a Hong Kong dopo che il suo presidente e’ stato messo sotto sorveglianza dalla polizia, intensificando le preoccupazioni sul futuro di questa impresa immobiliare, alle prese con una crescente minaccia di liquidazione.
Le azioni di Evergrande avevano ripreso a essere negoziate alla fine di agosto dopo una sospensione di 17 mesi. A dare la notizia che Hui Ka Yan, il fondatore nel 1996 di Evergrande, è stato portato via dalla polizia questo mese è stata l’agenzia Bloomberg.
Ieri a Wall Street le big tech, esclusa Alphabet (+1,54%) hanno continuato a sentire la pressione dell’aumento dei tassi, con Apple che ha ceduto oltre lo 0,89%, mentre sul fronte macro, la fiducia dei consumatori Usa è scesa ai minimi da quattro mesi a settembre e gli ordini di beni durevoli negli Stati Uniti – un indicatore attentamente monitorato dell’attivita’ manifatturiera – sono aumentati dello 0,2% su base mensile ad agosto, in netto miglioramento rispetto alla contrazione del 5,6% del mese precedente e ben al di sopra dell’atteso calo dello 0,5%.
Anche in Europa i future arretrano, in attesa dei dati sull’inflazione dell’Eurozona di venerdì e dopo che ieri le Borse del Vecchio Continente hanno chiuso in ribasso, per i timori sulle politiche delle banche centrali.
AGI – Forse è ancora presto per dire che è tornato quello dello scudetto. Ma, stasera, il Napoli di Garcia ha liquidato in scioltezza con un netto 4-1 l’Udinese, ancora a secco di vittorie dopo sei turni di campionato. I partenopei hanno sbloccato la gara al 19′ con un rigore di Zielinski e 20′ minuto dopo hanno raddoppiato con Osimhen. Il 3-0 è arrivato al 74′ con Kvaratskhelia. Fiammata dei friulani all’81’ con Samardzic che ha firmato il 3-1, ma sessanta secondi dopo è stato Simeone a chiudere il discorso.
La grande notte di Osimhen e del suo rapporto con i tifosi partenopei inizia da uno striscione emblematico nel pre-partita (“Oltre ogni singolo comportamento il rispetto per la maglia resta il primo comandamento”). Il nigeriano risponde con un gol ma la parte del leone la fa il georgiano Kvaratskhelia: una rete, due assist e due pali nel 4-1 con cui il Napoli travolge l’Udinese permettendo anche a Rudi Garcia di tirare un sospiro di sollievo.
La squadra di Sottil si difende bene in avvio, poi un contatto in area di rigore tra Kvaratskhelia e Ebosele sul quale Manganiello lascia proseguire ma il check del Var dice che e’ rigore. L’ex Zielinski realizza spiazzando Silvestri. Reazione friulana con Lucca per Payero, palla sul fondo (22′). Kvaratskhelia folleggia, per Osimhen che scappa a Bijol (27′): sinistro murato dal portiere avversario in corner. I campani sembrano padroni del campo.
Poi, dopo una fase di stanca, al 39′ arriva il raddoppio napoletano. Politano per Osimhen, tocco davanti a Silvestri e 2-0. Nella ripresa l’Udinese ci prova. Natan devia un tiro di Lovric ma è ancora Osimhen a sfiorare il terzo gol, palla fuori di pochissimo al 9′. Due minuti e Politano serve Kvaratskhelia sul fronte opposto, sinistro al volo che colpisce il montante. Sottil prova con i cambi, Kvaratskhelia timbra un altro palo (23′) a Silvestri battuto. Al 29′, pero’, errore di Bijol pressato da Kvaratskhelia che gli soffia la sfera, salta Silvestri in uscita con un pallonetto e deposita la sfera in rete per il 3-0. Titoli di coda.
L’Udinese ha orgoglio. Samardzic conclude ottimamente dopo uno scambio con Success (36′) portando il risultato sul 3-1. Ma passa un minuto e Simeone fa sussultare ancora il Maradona su assist di Kvaratskhelia. Samardzic è l’ultimo ad arrendersi, il triplice fischio di Manganiello sancisce la netta vittoria dei campioni d’Italia.
AGI – Il Milan vince in rimonta in casa del Cagliari nel turno infrasettimanale valevole per la sesta giornata di Serie A. All’Unipol Domus finisce 3-1 per i rossoneri, che ribaltano l’iniziale gol di Luvumbo grazie ai primi sigilli italiani di Okafor e Loftus-Cheek, oltre alla rete nel mezzo di Tomori. Grazie a questo successo la squadra di Pioli aggancia momentaneamente l’Inter in vetta a quota 15 (nerazzurri che devono ancora giocare con il Sassuolo), mentre i sardi di Ranieri, al quarto ko in sei partite, restano nei bassifondi della classifica con soli 2 punti.
Nonostante tante modifiche di formazione e diverso turnover, come prevedibile sono i rossoneri a fare la gara sul piano tattico nelle battute iniziali, senza pero’ creare grandi pericoli dalle parti di Radunovic. I sardi invece attendono e provano a rendersi velenosi in contropiede, trovando poi a ridosso della mezz’ora la fiammata per il vantaggio a sorpresa: Nandez recupera un pallone all’interno dell’area ospite e lo offre a Luvumbo, che controlla e con il mancino spacca la porta per l’1-0.
Il Milan non si scompone e undici minuti più’ tardi pareggia con Okafor, bravo ad approfittare di un intervento goffo di Radunovic sul cross basso di Pulisic da sinistra. Prima dell’intervallo poi arriva anche il sorpasso rossonero firmato Tomori, che sugli sviluppi di un corner devia sotto porta un traversone di Reijnders sporcato.
L’inizio di ripresa è quasi tutto di marca cagliaritana, con uno scatenato Luvumbo che continua a presentarsi con insistenza e pericolosità in area ospite, creando insieme ai compagni diverse potenziali occasioni da gol. Allo scoccare dell’ora di gioco però, dall’altra parte, un gran destro da fuori di Loftus-Cheek non lascia scampo al portiere rossoblu e porta il Milan sul 3-1.
È il gol che di fatto taglia le gambe agli uomini di Ranieri, che perdono morale e giusto nel finale tornano a spaventare Sportiello con una bella girata di Oristanio, respinta attentamente dal portiere ospite.
AGI – Il Congreso spagnolo boccia Alberto Nùnez Feijòo. Come ampiamente previsto, il leader del Partito Popolare non ha ottenuto alla Camera la maggioranza necessaria per dar vita ad un nuovo governo: Feijòo ha incassato 172 voti, 137 del PP, 33 di Vox e 2 della Coalizione delle Canarie e dell’UPN, mentre 178 parlamentari (PSOE, Sumar, ERC, Junts, EH Bildu, PNV e BNG) hanno votato contro. Dopo il tentativo fallito, Feijòo si ripresenterà al Congresso venerdi’, quando servirà per ottenere la fiducia solo la maggioranza semplice. Ma il risultato di oggi anticipa la sconfitta definitiva del leader del centrodestra nella seconda chiama: al numero uno dei Popolari manca una manciata di voti, una soglia numericamente irrisoria ma politicamente insormontabile e anche il secondo giro, quasi certamente, andrà a vuoto.
A partire da dopodomani dunque, la palla passa nel campo del centro-sinistra: con ogni probabilità il re consegnerà l’incarico di formare il governo al leader socialista Pedro Sànchez che avrà due mesi di tempo, fino al 27 novembre, per mettere insieme una coalizione che possa guidare il paese. Se entro quella data il leader del Psoe non riuscirà a chiudere l’accordo con i catalani di Junts (che dispongono di 7 voti decisivi) la Spagna tornerà alle urne il 14 febbraio del 2024. Fonti del governo spagnolo, ancora guidato ad interim da Sanchez, fanno sapere che l’esecutivo avvierà un ciclo di contatti con i partiti politici in Parlamento subito dopo venerdì, ovvero dopo che il Congreso avrà certificato la definitiva sconfitta dei Popolari e della destra estrema di Vox. Le stesse fonti non hanno precisato con quale partito Sanchez inizerà le sue ‘consultazioni’, ma i round di incontri saranno portati avanti in modo ‘intenso e pubblico’.
“Abbiamo fatto tutto il possibile”, è stato il commento di Feijòo al termine della seduta, “la Spagna può stare tranquilla perché continueremo a lavorare per il paese”, ha aggiunto. “Venerdì dobbiamo votare di nuovo, poi vedremo i voti e dovremo continuare a lavorare per il nostro Paese”, ha concluso il leader dei Popolari. Feijòo “lascia il dibattito così come ci è entrato, ovvero come leader dell’opposizione”, è stato il commento del portavoce del PSOE, Patxi Lopez.
AGI – Decine di carri funebri bloccati, e le salme al loro interno che attendono di essere cremate. Non c’entra il sovraffollamento, ma una questione sindacale. Morire di questi tempi a Napoli e in Campania significa anche finire nel bel mezzo di un braccio di ferro tra le Asl e i dipendenti addetti al prelievo di campione di Dna dai defunti che hanno scelto di essere cremati.
La denuncia arriva dal segretario dell’associazione di categoria degli impresari funebri Gennaro Tammaro. Esasperato per i solleciti andati a vuoto degli ultimi giorni, ha deciso di mostrare a tutti il piazzale antistante l’impianto di cremazione, dove una decina di carri funebri sono fermi lì, sotto il sole, con le bare all’interno, senza che si sappia quando le salme potranno essere deposte nel forno crematorio.
Per intanto sono lì, con tanto di corona di fiori, in attesa che l’Asl comunichi quando sarà prelevato il campione biologico che la stessa azienda sanitaria dovrà custodire per una decina di anni. L’unica risposta ricevuta per l’inadempienza e i ritardi riguarda “motivi sindacali” non meglio precisati. C’è una norma regionale, DCA 59/2017, che “impone alle ASL di prelevare, su richiesta di famiglie e operatori del comparto funebre, – spiega Tammaro – un campione biologico dal cadavere e custodirlo per almeno 10 anni. Una norma che parte delle Aziende sanitarie sul territorio regionale in questo momento sembrano proprio star disattendendo”.
“Ora – continua Tammaro – non so se siamo finiti in qualche braccio di ferro tra dipendenti pubblici ed enti statali. Sappiamo solo che ci sono svariate famiglie su tutto il territorio regionale che per quisquilie burocratiche stanno aggiungendo al dolore della perdita la sofferenza causata da uno Stato inefficiente che nega ancora una volta una prestazione che però chiede essere obbligatoria. Solo dalle nostre fonti contiamo per ora ben 11 salme bloccate di cui 10 a Napoli”.
Tammaro in una nota chiede che venga sbloccata immediatamente la situazione. “Chi ha il potere di intervenire, legga e sblocchi immediatamente questa situazione, imponendo alle ASL di effettuare i dovuti prelievi e tutto ciò che è di propria competenza e di conseguenza a noi di proseguire il nostro delicato lavoro. Intanto, stiamo procedendo a segnalare l’accaduto alle forze dell’ordine e ci riserviamo il diritto di tutelare noi e i nostri clienti anche per vie legali”.
AGI – Uccide moglie, figlio 17enne e suocera e poi si suicida. Strage familiare questa mattina ad Alessandria: una vicenda iniziata con l’allarme lanciato dalle suore della casa di riposo Madre Teresa Michel di piazza Divina Provvidenza. I Carabinieri subito arrivati sul posto, hanno rinvenuto due cadaveri: uno di un’anziana donna e uno di un uomo in età matura.
Dopo i primi rilievi è emersa l’identità dell’uomo: si tratta di Martino Benzi, classe 1958, residente in città. La donna, una 80enne, è la suocera.
Gli inquirenti hanno pensato ad un classico omicidio-suicidio. Ma subito dopo hanno ritrovato un biglietto che lasciava intendere che nella sua abitazione era successo qualcos’altro. I militari dell’Arma, dunque, hanno raggiunto la casa di Benzi dove hanno rinvenuto il corpo della moglie, Monica Berta, classe 1968, e quello del figlio 17enne Matteo. Le indagini sono affidate ai Carabinieri e coordinate dalla Procura di Alessandria.
Secondo le prime informazioni raccolte, Martino Benzi, ingegnere, avrebbe compiuto la strage utilizzando un coltello, e colpendo prima moglie e figlio nell’appartamento dove la famiglia viveva e poi raggiungendo la casa di riposo dove, nel giardino, ha ucciso la suocera, tagliandosi poi la gola.
I due luoghi della strage distano tra loro poco meno di tre chilometri, una decina di minuti in auto. Secondo quanto si apprende questa mattina i colleghi di Monica Berta, non vedendola arrivare al lavoro, a Valenza, avrebbero piu’ volte provato a mettersi in contatto con lei.
Chi era il killer
Ingegnere laureato al Politecnico di Torino nel 1982, attualmente Benzi era titolare di uno studio di consulenza informatica e di progettazione e realizzazione di siti web. La moglie lavorava invece a Valenza Po. In passato risulta che abbia sofferto di una malattia che l’aveva costretta ad un lungo ricovero in ospedale. Il figlio della coppia, Martino, 17 anni, studiava all’Itis Alessandro Volta.
Cosa ha scritto in un blog
E’ lo stesso Benzi che, in un blog personale che è ancora reperibile sul web, racconta alcuni aspetti della sua vita. “Sono uno che – dice innanzitutto – nato nel 1956 si è deciso a fare un figlio a cinquant’anni, età in cui qualche mio compagno di scuola diventava nonno. Allora non stupitevi se questo blog, a volte, presenterà dei contenuti stranamente incongrui per il pacato gentiluomo che dovrei e vorrei essere“. E aggiunge con una riflessione che alla luce dei fatti suona tristemente premonitrice: “sono costretto a pensare tre volte a ciò che scrivo e che rimarrà per sempre reperibile nei meandri del web”.
Non sono rari nei testi pubblicati sul sito i riferimenti alla famiglia ed in particolare al figlio. Anche piccole cose, come quando, il 13 marzo 2012, Benzi scrive “Il padre annuncia l’evento che tutto il pianeta attendeva in preda alle ambasce. Il primo dentino è caduto e aspetta sotto il cuscino che la fatina dei dentini compia il suo dovere”.
Parlando di sé, ancora facendo un riferimento al figlio, dice tra l’altro: “Mi piace raccontare. E scrivere. Ho incominciato a farlo seriamente il giorno in cui mio figlio ha compiuto diciotto mesi e all’inizio era la trascrizione delle favole raccontate a lui, poi sono diventate storie per quando fosse stato più grande. Avete presente “Morfologia della fiaba” di Vladimir Propp? Visto che dall’ultima glaciazione si diventa adulti con questo tipo di racconti, il papà voleva contribuire personalmente a dissestare l’equilibrio psichico del pupo. Peccato che i romanzi per ragazzi incominciati pensando a lui avanzino molto lentamente nel mio hard disk accidenti, quanto è complicato scrivere romanzi “per ragazzi” e ben difficilmente saranno pronti prima che il pargolo vada al liceo e, forse, allora, non gli piaceranno nemmeno un po’”
Le suore dell’rsa: “Siamo sgomente”
Il gravissimo fatto di sangue avvenuto nella casa di riposo gestita dalle Piccole Suore della Divina Provvidenza, ha gettato nell’angoscia le religiose. La Superiora Provinciale suor Natalina Rognoni ha diffuso poco fa una nota in cui le suore “desiderano esprimere profondo dolore per la tragedia avvenuta questa mattina, 27 settembre, presso l’Istituto Divina Provvidenza di Alessandria” “Il gesto estremo, violento e inspiegabile – aggiunge la superiora – avvenuto nel nostro giardino ci ha tutte lasciate sgomente e senza parole. Mentre esprimiamo massima vicinanza e le condoglianze più sincere alla famiglia dei deceduti cosi profondamente colpita, assicuriamo le nostre preghiere di suffragio e, per quanto di nostra competenza, la totale collaborazione alle Forze dell’Ordine e all’Autorita Giudiziaria affinche si possa fare presto piena luce su questa dolorosa vicenda”.
AGI – L”architetto di Putin’: eccentrico, avventuriero, finito al centro di scandali, ora ricercato internazionale e imputato in un processo a Brescia. Lanfranco Cirillo, 64 anni, da Roncadelle, Brescia, racconta all’AGI che lo raggiunge telefonicamente a Mosca alcuni degli episodi più succosi contenuti nell’autobiografia ‘L’architetto di Putin – La mia vita nella Russia degli oligarchi’ in libreria da pochi giorni e scritto assieme alla giornalista Fiammetta Cucurnia.
Impossibile non partire proprio da lui: “Sì, ho conosciuto Putin, è una persona molto intelligente e curiosa. Ci vedevamo spesso in occasioni ufficiali: convegni, inaugurazioni. E’un uomo che ama profondamente la sua terra. Nel 2013, visto il mio impegno come architetto in Russia, dove ho lavorato per 44 miliardari della lista di ‘Forbes’, gli scrissi una lettera per chiedergli la cittadinanza. Nel 2014 ricevetti la notizia che il presidente me l’aveva concessa con specifico decreto, primo italiano ad avere questo onore. Mi definì ‘l’architetto ‘importato’”.
‘Architetto di Putin’ ma la sontuosa villa sul Mar Nero che Navalny con la Fondazione anticorruzione gli attribuirono non gliela commissionò il leader “anche se poi quella definizione mi ha cambiato la vita”. “No, quella gigantesca costruzione non appartiene a Putin. Nessuno al mondo, credo, vorrebbe per sé una residenza così. Troppo grande, troppo tutto. In realtà mi fu commissionata da una società russa per ospitare congressi. Si è detto che è una copia della villa di Berlusconi in Sardegna ma non è così, non sono mai stato lì”.
Cirillo spiega che in realtà questa villa è ‘sobria’ rispetto alle richieste “folli” degli oligarchi che ha esaudito nella sua carriera. “Un bowling interrato, i divani ottomani, un sommergibile tra gli alberi, orti di 300 metri quadri. La villa sul mar Nero era in stile neoclassico con una facciata da 96 colonne di marmo. Ci vollero tre anni solo per la parte finale, con centinaia di persone che lavoravano ogni giorno. Ho trascorso anni in quel cantiere”.
Nel libro c’è spazio anche per la vicenda giudiziaria che lo vede a processo per una presunta frode fiscale milionaria e destinatario di un mandato di arresto internazionale. Cirillo non sembra perdere la baldanza e la battuta: “Dopo che è morto Messina Denaro ci sono io. In Russia comunque sto bene, Mosca è una città più avanti delle altre capitali europee e le sanzioni non si sentono proprio, non manca niente”.
Putin ha dimostrato l’intelligenza che gli riconosce anche nell’invadere l’Ucraina? “Non so rispondere, non ho informazioni reali sul perché si è arrivati a quella guerra. Come tra coniugi che divoriziano, forse le colpe vanno suddivise. Non si doveva arrivare a quel punto. Però un appello alla pace lo faccio: basta ragazzi che vanno a morire al fronte in questa guerra fratricida. E, a proposito di giovani: il mio consiglio ai trentenni, quarantenni che non si muovono da casa è di fare come me che sono partito con la valigia di cartone e sono diventato ricchissimo. Uscite dall’Italia: il mondo è pieno di opportunità”.
AGI – Una stagione promettente dal punto di vista calcistico e da quello editoriale. Urbano Cairo varca la soglia del Senato per partecipare alla presentazione del Torino Club Parlamento e la conferenza stampa diventa l’occasione per ripercorrere la storia della società granata, dalla tragedia di Superga, al fallimento di undici anni fa e la nuova stagione inaugurata, un po’ rocambolescamente, dall’imprenditore di Masio.
Una conferenza stampa fiume al termine della quale l’editore si è soffermato oltre mezz’ora per scattare selfie con gli ‘onorevoli tifosi’ e per rispondere alle domande ‘fuori sacco’ dei cronisti. “Ovunque vada raccolgo grandi simpatie per il Toro”, esordisce Cairo: “Sarà sicuramente per la storia del Grande Toro e per la sua fine tragica. Si tratta in ogni caso di una simpatia che attraversa l’Italia, da Nord a Sud”.
Cairo guida il Toro dal 2 settembre 2005. “La società era fallita. In estate mi chiama il sindaco di Torino Chiamparino. Sapeva che vengo da una famiglia di fede granata. Mia madre e mio padre mi hanno trasmesso l’amore per i colori e per i valori che rappresenta il Torino”, ricorda Cairo attorniato da senatori e deputati di maggioranza e opposizione, da Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia a Enrico Borghi di Italia Viva, passando per il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani.
“Era agosto, risposi che il calcio è complicato, che non me la sentivo di intraprendere una avventura del genere e che, soprattutto, mia moglie stava aspettando di poter partire per le vacanze a Forte dei Marmi. Quindi, faccio i bagagli e parto. Ma arrivato a Forte mi richiama il sindaco per fare un altro tentativo. Gli rispondo che ci avrei pensato, ma non ero convinto. Il 16 di agosto, però, ricevo un’altra telefonata. Mi dicono che il Torino può ripartire dalla serie B”. È la notizia che genera una crepa nella determinazione di Cairo a non avventurarsi nel mondo del calcio.
La seconda ‘picconata’ nel muro alzato dall’imprenditore arriva dall’interno della sua famiglia: “Mia madre era una maestra elementare. La persona più prudente del mondo. Ma era anche una grande tifosa granata. Mi telefonò e mi chiese impaziente se avevo deciso: la sua impazienza, in quel momento, mi convinse. Sentendola così motivata decisi di andare a Torino. Dissi a mia moglie che mi sarei assentato solo per mezza giornata, ma lei vide che riempivo la valigia di camicie. ‘Tutte quelle camicie per mezza giornata?’, mi chiese. Le risposi che faceva caldo e che mi sarebbero serviti dei cambi. Cosi’ partii per Torino. E non sono più tornato indietro”.
Rocambolesca è stata l’acquisizione della società, ma altrettanto rocambolesca è stata la costruzione della squadra. “È stata una battaglia”, ricorda ancora Cairo. “Siamo riusciti a partire il due di settembre avendo solo una settimana per fare campagna acquisti. Dal due al nove settembre abbiamo acquistato nove giocatori, tra cui Muzzi della Lazio a un minuto dalla fine del calciomercato”.
Non solo: “Acquistammo Muzzi la sera prima della prima di campionato. Il giorno dopo parti’ da Roma alle 12 e alle 15 era già in campo. Una cosa da armata Brancaleone. Con mia moglie, mia figlia e mio figlio, che allora erano piccoli, abbiamo fatto un giro di campo e loro erano un po’ spaventati. Abbiamo vinto uno a zero con l’Albinoleffe con un gol forse fantasma. Abbiamo fatto una cavalcata incredibile e siamo arrivati al terzo posto arrivando ai playoff. A Mantova, nella finale playoff, perdiamo quattro a uno. Poi vinciamo tre a zero a Torino e siamo in serie A. Per i tifosi del Toro ero Papà Urbano. Oggi un po’ mi contestano”.
Oggi, Cairo si trova a fare i conti – in tutti i sensi – con un calcio molto diverso. “È un mondo in cui il Torino fattura cento milioni e deve competere con squadre che fatturano quattrocento milioni. In dodici anni siamo ancora in serie A, avendo raggiunto ottimi risultati”.
Una gestione da ‘pater familias’ come dimostra anche la vicenda Buongiorno. “Io non ho mai voluto vendere Buongiorno. L’Atalanta mi ha chiesto Buongiorno. Ho ascoltato, il giocatore ci ha pensato e ha detto che preferiva rimanere al Toro, ho rinunciato a 25 milioni e sono stato felice così”, sottolinea ancora il presidente del Toro. “Abbiamo comprato Zapata, che non è male”, sorride.
E se qualche mal di pancia tra i tifosi persiste, Cairo confessa di aver commissionato un sondaggio da cui risulta che “il 75 per cento dei tifosi è dalla mia parte. Da parte mia c’è grande voglia di fare bene, dedico molto tempo alla squadra, al Toro ritaglio sempre almeno il venti per cento del mio tempo, diviso sempre fra mille impegni”. E per il futuro, Cairo si mostra ottimista: “L’Inter è superiore, poi viene il Milan e il Napoli tornerà. Ma anche il Torino farà bene”.
AGI – Una madre messicana ha fatto da scudo al figlio dopo che un orso è saltato su un tavolo da picnic e ha divorato i tacos e le enchiladas destinati alla cena di compleanno del ragazzo, a pochi centimetri dalla sua faccia.
Silvia Macías di Città del Messico era andata con la famiglia al Parco Chipinque, alla periferia della città settentrionale di Monterrey, per festeggiare il quindicesimo compleanno di suo figlio Santiago, affetto da sindrome di Down.
Poco dopo essersi seduti a mangiare il cibo che avevano portato, l’orso si è presentato e ha ingoiato patatine fritte, enchiladas, tacos e salsa. Un video girato dalla sua amica Angela Chapa mostra Macías seduta stoicamente, a pochi centimetri dalla bocca dell’orso, che tiene Santiago e gli protegge gli occhi con la mano tenendo lo sguardo basso, per evitare qualunque cosa l’orso potesse considerare una sfida.