AGI – C’è una rincorsa a sfatare i luoghi comuni consolidati mettendo in discussione convinzioni radicate. Dall’ideologia alla politica alla religione alle cose più pratiche. Non c’è settore che sia immune da una sorta di revisionismo o forma di ripensamento.
Neppure le abitudini a tavola escono indenni, informa il Guardian. Ad esempio sul modo di far bollire la pasta. Con molta o poca acqua? Cuocendola nella pentola oppure terminando la cottura nella padella assieme al condimento, qualunque esso sia? E l’acqua, dev’esser salata oppure no? La dose giusta è 5 grammi di sale per litro d’acqua. Ma c’è anche chi arriva a 10 g. oppure “un cucchiaio da tè”, se la si vuole gradire davvero.
Tuttavia c’è un’altra disquisizione all’ordine del giorno: i funghi vanno lavati prima d’esser cotti oppure no? La questione è controversa, ma se son funghi freschi, mai lavarli!, avverte il quotidiano londinese, perché i funghi in sé “hanno già molta umidità e lavarli significa farne assorbire ancora di più, il che può renderli mollicci”.
Diverso è il discorso per i funghi secchi, che vanno ammorbiditi prima d’esser utilizzati in cucina. Una volta bolliti “non sono porosi come il fungo crudo che non assorbe l’olio” mentre invece “i funghi secchi assorbono più olio di quelli bagnati”, il che, stranamente, “li rende al palato meno piacevoli”.
E l’olio? Quello d’oliva “serve per condire, non per cucinare” è l’usuale refrain. Ma non la convinzione è errata: “L’elevato contenuto di grassi saturi dell’olio d’oliva di buona qualità lo rende più stabile se riscaldato a temperature costantemente elevate (110C/230F)” rispetto a molti oli vegetali, che “si alterano dando vita a fattori di rischio per la salute sconosciuti”.
Tuttavia, essendo l’olio d’oliva ricco di polifenoli, con esempi di extra vergini di alta qualità contenenti “almeno 30 diversi polifenoli antiossidanti”, essi hanno “effetti benefici sull’invecchiamento e sull’infiammazione, specie su cuore e cervello”. Per questi motivi, dichiara al quotidiano il professor Spector, autore del libro “Food for life”, “un buon olio extra vergine di oliva è il mio olio da cucina preferito”. Purché sia di qualità, naturalmente.
E il peperoncino? Se lo si desidera piccante davvero vanno staccati i semi dalla membrana bianca che li attacca alla polpa, altrimenti sapranno di poco. Controversa è anche la salatura dei legumi in padella. C’è chi dice che la regola più importante è “non aggiungere sale fino a fine cottura” in quanto “il sale estrae l’umidità e indurisce la pelle del legume”, quindi anche una piccola quantità di sale nell’acqua di ammollo o di cottura “ritarderà semplicemente il processo”. Ma c’è pure chi sostiene il contrario, ovvero che è meglio aggiunge sale in fase di cottura, “poiché dà davvero un sapore migliore” in quanto “il sale non viene mai assorbito correttamente se aggiunto solo alla fine”.
Pesce e vino rosso non sono compatibili? Giammai! Però dipende dal pesce. Scrive il Guardian: “Sebbene lo champagne alla 007 si abbini meglio con la sogliola alla mugnaia”, gli unici pesci che non ammettono vini rossi “sono le specie oleose come sgombro e aringa, che possono liberare i tannini dei rossi più corposi, come un Chianti d’annata, creando un retrogusto metallico”.
Ma anche su questo punto, il consiglio del giornale è: fate un po’ come volete, non ponetevi limiti, “godetevela al di sopra di ogni regola”. Anche di quelle rigide e un po’ “snob alla Bond”.
AGI – La noia? Che noia! Secondo uno studio americano citato dal New York Times nel 2018, indipendentemente dall’istruzione, dal reddito o dalla razza, i genitori hanno sempre creduto (e temuto) che “i bambini che si annoiano debbano esser iscritti ad attività extrascolastiche”. Negli Usa la noia non è contemplata, anzi nei suoi riguardi c’è una sorta di repulsione e uno stigma di tipo culturale.
Così i bambini, tra attività varie, campi estivi, baby sitter, nonni e attività alternative dell’ultima ora non hanno mai un attimo di tregua. Sempre impegnati. Oggi lo stesso quotidiano Usa scrive che “solo le persone noiose si annoiano, come dice il proverbio”. E rilancia l’idea che la noia è “ normale, naturale e salutare”, come spiega Erin Westgate, professoressa di Psicologia all’Università della Florida, la cui ricerca si concentra su cos’è la noia, come le persone la sperimentano e cosa succede quando la vvono.
“Proteggere i bambini dal sentirsi annoiati è sbagliato come proteggerli dal sentirsi tristi, frustrati o arrabbiati”, sostiene Westgate, secondo cui invece, presa a piccole dosi, la noia può offrire una preziosa opportunità di apprendimento, stimolando la creatività e la risoluzione dei problemi, motivando i bambini a cercare attività per loro più significative.
Ecco quindi, di seguito, un piccolo vademecum sulla noia come “emozione”, per esempio. Perché essa “dice che quel che si sta facendo in quel momento non funziona”. Di solito significa che ciò di cui ci si sta occupando o è troppo facile o, al contrario, troppo difficile oppure, semplicemente, non ha senso. Una possibilità che i genitori hanno per aiutare i figli è quello d’insegnare loro “a gestire la noia” e a distinguere, tra il sentirsi “tristi” o più semplicemente “svogliati”. Tecnica, questa, che molti esperti dello sviluppo infantile usano per aiutare i bambini a far chiarezza nei propri sentimenti. Anche perché, spesso, i bambini dicono “sono annoiato” solo perché sono soli o reclamano attenzione, mentre gli adulti, di contro, “hanno la tendenza a trattare la noia come un segno di angoscia o una richiesta d’aiuto”, spiega a propria volta Katie Hurley, che ha conseguito un dottorato in assistenza sociale.
Secondo diverse teorie, la noia può portare invece alla “realizzazione”, offre al bambino l’opportunità di sperimentare tipi diversi di attività, vissute come appaganti e interessanti, evidenzia Westgate, mentre i genitori sono solo preoccupati che la noia possa provocare il caos in casa e per questo tendono a tenerla sotto controllo, dominarla e limitarla il più possibile. Essa, invece, è un “tempo libero per fare scoperte”, occasione “per liberare l’immaginazione”, la sola soluzione di tutti i mali e di tutti i problemi.
Conclude la dottoressa Westgate: “È perfettamente chiaro e ha anche senso che i bambini chiedano strumenti elettronici come smartphone, tablet, tv, playstation o altro ancora, quando si sentono annoiati, ma questo non significa affatto che soddisfare il loro desiderio sia la soluzione migliore per loro in quella situazione”.
Insomma, che s’arrangino e imparino a superare la noia da sé e con le proprie forze. Una lezione di vita e per la vita. Un antidoto. La tesi della “noia necessaria”, tesi clou del pensiero dello psichiatra Paolo Crepet, sembra fare proseliti anche oltreoceano.
AGI – Non c’è crisi che tenga. Nonostante i ristoranti abbiano ritoccato i prezzi finali all’insù gli italiani non smettono di frequentarli. Non si limitano, anzi “i consumi nella ristorazione hanno segnato una crescita del 17,9%”, scrive il Gambero Rosso citando l’Osservatorio Ristorazione di Confimprese-Jakala per il periodo compreso tra gennaio e aprile.
Eppure i ritocchi al conto finale sono sensibili: l’82%, soprattutto dovuti al rialzo dei costi complessivi che comprendono soprattutto le bollette di luce e gas che solo ad aprile hanno registrato un +16,7% rispetto all’anno prima mentre le materie prime sono cresciute del 12,1%.
Un senso di rivalsa dopo gli anni del Covid
Il mensile gourmet attribuisce il buon andamento della ristorazione, specie la sera per la cena, ad un “revenge effect” dato da “un senso di rivalsa dopo gli anni del Covid che spinge a mangiare fuori casa, recuperando le occasioni perdute, facendo tutte quelle esperienze che sono state proibite – a fasi alterne – per quasi due anni”. Poi c’è anche il fatto che “l’offerta è in costante crescita, sempre più sfaccettata e specializzata, dai locali monotematici ai ristoranti vegani, dalle cucine straniere allo street food”.
In subordine, non manca anche l’effetto turisti, il cui flusso – dati Istat alla mano – è in “incremento del 45,5% delle presenze complessive” solo nei mesi di gennaio e febbraio, in genere non particolarmente vivaci per il settore, e con una particolarità: un +70,5% lo fa solo la presenza di turisti stranieri.
Il Gambero poi osserva molto del merito di questo incremento dei flussi turistici complessivi va attribuito “anche delle nuove aperture di grandi catene internazionali” come Pret A Manger, che da pochissimo ha aperto il suo primo punto vendita italiano all’aeroporto di Milano Malpensa. Oppure EL&N – “acronimo di eat, live and nourish – una delle catene di caffetterie più ‘instagrammate’ al mondo grazie al suo design total pink”, che ha scelto sempre Milano come sede per il suo sbarco in Italia. Oppure l’arrivo di Starbucks al centro di Roma.
Fattori che, tutti insieme, spingono sempre più gli italiani a uscire di casa la sera per sedersi intorno a un tavolo a cenare. Nonostante la stagione metereologica non. proprio tra le più favorevoli. Insomma, c’è voglia di libertà.
AGI – La notizia in assoluto non è nuova, ma ora l’ha rilanciata il Guardian mettendo l’accento sul fatto che dieci professionisti americani “si stanno trasferendo a Ollolai”, paesino sardo in provincia di Nuoro, noto per aver dato i natali a un ex Mr. Universo, amico intimo dell’attore Arnold Schwarzenegger, “pagando un affitto simbolico di 1 euro”. L’obiettivo? Attrarre i turisti americani ed evitare lo spopolamento portando nuovi abitanti.
Il progetto è stato ribattezzato Work from Ollolai e lanciato dal Comune in collaborazione con l’associazione Sa Mata, un po’ come sempre più spesso accade in giro per l’Italia, Venezia compresa, che un anno fa ha lanciato un progetto simile della Fondazione Venezia in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari.
Chi sono i prescelti per il progetto
Il gruppo dei dieci professionisti provenienti dagli Usa potrà vivere e lavorare a Ollolai, circa 1.300 abitanti, “per tutto il tempo che vorrà”, scrive il giornale, sottolineando che i dieci professionisti sono stati scelti per via “del legame della città con gli Stati Uniti”. Legame che passa per Franco Columbu, un pastore nato proprio a Ollolai e “diventato in seguito un pugile che si è poi trasferito in California alla fine degli anni ’60 prima di vincere i titoli di Mr. Europa e quindi di Mr. Universo nel 1970”. Ed è qui che l’uomo “ha incontrato e conosciuto Schwarzenegger” durante una competizione di bodybuilding in Germania a metà degli anni ’60. I due hanno stretto una solida e lunga amicizia che “è durata tutta la vita” e nel corso della quale Columbu è stato anche “testimone di nozze” tra l’attore ed ex governatore della California con Maria Shriver, racconta la testata londinese.
In qualità di bodybuilder, Columbu si è anche aggiudicato il titolo di Mr. Olympia nel 1976 e nel 1981 ed è poi arrivato quinto nel primo concorso World’s Strongest Man nel 1977 per poi essere nominato nel Guinness dei primati del 1978 “per aver fatto scoppiare una borsa dell’acqua calda soffiandoci dentro”. Tornava a Ollalai ogni estate ed è deceduto nel 2019 dopo essersi sentito male mentre nuotava al largo della Sardegna.
In sua memoria e in ricordo del lungo sodalizio con l’attore americano, il progetto “case a 1 euro” tenta dunque di “rivitalizzare la città, migliorare la vita degli abitanti e frenare lo spopolamento”, ha detto Francesco Columbu, sindaco di Ollolai (nessuna parentela con il campione) perché “crediamo che il nostro sia un bel posto dove vivere e lavorare da remoto, offrendo uno stile di vita fatto di natura, tranquillità, cibo sano e tradizioni”.
AGI – Spopola la moda di camminare scalzi. Ovunque. Non solo a casa, sul parquet, marmo o piastrelle, oppure sulla sabbia, facendo jogging in spiaggia, ma anche per strada, negli aeroporti o sui sentieri durante le escursioni. Via qualunque tipo di scarpa, sandalo o pantofola che sia.
Su TikTok, nemmeno a dirlo, spopolano i video del “popolo a piedi nudi”. Ma da cosa deriva questa tendenza o moda? Molti spacciano il “grounding” come la possibilità di “aderire meglio alla natura”, altri l’attribuiscono a pratiche ayurvediche o allo yoga, perché “camminare a piedi nudi su pavimenti in moquette può aumentare la circolazione e rafforzare i muscoli dei piedi”, come consigliano gli esperti del genere. A stare meglio anche con se stessi.
Anche se poi la maggior parte di loro ipotizza che le persone si aggirino per le strade della città senza scarpe “più nel tentativo di apparire alla moda o di mettersi in mostra sui social media, che di trarre reali benefici per la salute”, come riferisce il settimanale Time, che mette in guardia: “Rimettevi subito le scarpe”, perché ci sono seri rischi per la salute.
I più frequenti, va da sé, sono quelli di calpestare vetri, chiodi, puntine o corpi aguzzi che si conficcano sulla pianta del piede. Ferendosi si possono contrarre infezioni, ma anche senza ferirsi si possono prendere funghi della pelle o parassiti, verruche, batteri di vario ordine e grado, ci si può scottare. “Ho rabbrividito”, confessa a Time la dottoressa Priya Parthasarathy, podologa, specialista del piede e della caviglia del Mid-Atlantic a Silver Spring, nel descrivere la propria reazione quando ha saputo che andare a piedi nudi era quasi una moda. “Si va praticamente in cerca di guai, io lo sconsiglio al 100% per molte ragioni”, oltre a quelle appena citate.
Di fatto, gli esseri umani hanno iniziato a indossare sandali o mocassini più di 40 mila anni fa e “c’è una buona ragione per questo”, sottolinea la podologa, “le calzature forniscono un importante supporto strutturale, comfort e protezione da un’ampia varietà di minacce”.
Il settimanale insiste molto sul fatto che ci sono quelle “meno ovvie in agguato sotto i piedi: non si vedono, ma batteri, funghi e virus sono comuni nelle docce, negli spogliatoi, nelle piscine e in qualsiasi altro luogo con molta acqua o umidità”. Si tratta di microrganismi che possono portare non solo a infezioni, ma anche “cambiare l’aspetto e l’odore del piede”. Oltre al fatto che “andare senza scarpe per un lungo periodo di tempo può alterare la biomeccanica dei piedi in peggio” perché il problema principale quando si cammina senza scarpe è che “si esercita un’enorme quantità di stress sul piede fino a farlo collassare”, afferma Jane Pontious, docente presso il Dipartimento di chirurgia del piede della Temple University School of Podiatric Medicine.
Quindi, meglio rimettersi le scarpe e in fretta se non si vuol ricorrere inevitabilmente alle cure di un podologo.
AGI – Oggi, oltre alle ben conosciute forme di inquinamento, è importante fare attenzione a nuove forme di esposizione ad agenti pro-invecchiamento. Gli strumenti digitali d’uso quotidiano come smartphone, PC e televisori sono tra i responsabili dei danni visibili alla pelle provocando risposte biologiche alterate che ne indeboliscono la struttura e provocano un’accelerazione dei processi di aging.
Il risultato è una pelle spenta, segnata, disomogenea e sensibilizzata fin da giovanissimi. A provocarli è la temutissima luce blu. Dalla ricerca fitocosmetica Dolomia, specialista nella protezione anti-inquinamento, che da sempre si concentra sull’influenza dei fattori inquinanti a carico della pelle, nasce una formula che contrasta l’invecchiamento cutaneo facendo ricorso agli estratti più virtuosi della flora che cresce sulle Dolomiti.
Le piante, infatti, essere viventi che devono difendersi dagli attacchi esterni senza potersi muovere hanno dovuto sviluppare e custodiscono, in sé stesse, le più efficaci sostanze protettive e rigenerative. Nasce così EMULSIONE 24/7, che accompagna la pelle durante le ore attive proteggendola da ogni fonte di stress e, in particolare, dalla luce blu, permettendo così di vivere il proprio tempo senza pensieri anche dentro un’iper-connessione che è realtà sociale.
Al cuore della formula, tre estratti puri vegetali: Cellule native di Melissa, Estratto di Abete Rosso ed Estratto di Radice di Tarassaco. La Melissa è una pianta perenne molto diffusa nell’arco alpino. La sua tenacia è sinonimo di una componente molto alta di pluri-antiossidanti, fenoli e tri-terpeni.
Protagoniste di Emulsione 24/7, le Cellule native di Melissa, sono ottenute tramite coltura meristematica, tecnica 100% sostenibile già nota a Dolomia che permette di riprodurre in vitro, a partire da pochi frammenti di una singola foglia, un fitocomplesso più potente, stabile e sicuro.
Le Cellule di Melissa depotenziano gli effetti della luce blu e preservano l’integrità a livello cellulare. In sinergia con la Melissa, l’Abete Rosso e la Radice di Tarassaco. Dalla corteccia dell’Abete Rosso si ricavano i lignani, fra i più potenti composti antiossidanti e polifenolici presenti in natura.
Essi agiscono come antiossidanti multi-livello, frenano l’iper-produzione di radicali liberi e riducono le imperfezioni della cute stressata. La Radice di Tarassaco, infine, è fra i più efficaci anti-age in natura.
AGI – È cominciato a fine maggio con la Vespa a Madison Avenue, è proseguita a inizio giugno con tre supercar Lamborghini verdi, bianche e rosse davanti all’ambasciata d’Italia a Washington ed è finito con una Ferrari F1 e due Ducati sul roof di un palazzo di New York: le due settimane di celebrazioni del Made in Italy, dalla Grande Mela a Washington, hanno attirato l’attenzione dei media e lasciato il segno.
La settimana scorsa una sfilata di Vespe aveva attraversato Madison Avenue, la vera strada elegante di Manhattan, per poi riunirsi davanti alla sede dell’Italia Trade Agency. In occasione delle celebrazioni del 2 Giugno, tra le varie iniziative, una ha visto protagonista Lamborghini, che ha portato a Washington le sue supercar: nello spazio davanti alla sede istituzionale sono state esposte una Huracan Tecnica, la Uracan Sto e la Urus S.
E sempre in onore del tricolore, il Consolato generale ha organizzato due eventi, per celebrare l’Italia e gli italiani. Una era stata la cerimonia dell’alzabandiera, a cui ha partecipato il sindaco di New York Eric Adams, il Console generale Fabrizio Di Michele e numerosi rappresentanti della comunità italiana e di italo-americana. È stata la prima celebrazione di questo genere alla presenza del sindaco di New York, che ha avuto luogo a Bowling Green, luogo reso celebre dalla scultura del “charging bull” dell’artista italiano Arturo di Modica.
At tonight’s celebration for Festa della Repubblica, we are proud to showcase @Amazon‘s “Giornate del Made in Italy Digitale” (Digital Made in Italy Days) — authentic Italian products on Amazon.
Thank you for your sponsorship, @Amazon @AmazonNewsItaly #2Giugno pic.twitter.com/oWE2Fg6BEH
— Italy in US (@ItalyinUS)
June 2, 2023
“Questa piazza – ha detto il console Di Michele – ben simboleggia il profondo e antico legame tra la città di New York e l’Italia. Gli italiani nel secolo scorso hanno fisicamente costruito questa città e contribuito alla sua grandiosità”.
“Ancora oggi – ha aggiunto – nuove generazioni di concittadini, del mondo degli affari, dell’accademia, della medicina, della ricerca, della scienza, dell’arte contribuiscono alla vitalità straordinaria di New York. Siamo grati al sindaco Adams per aver voluto partecipare all’alzabandiera italiana e testimoniare l’amore di New York per l’Italia e gli italiani”.
La seconda parte della giornata è stata invece dedicata a un momento di socialità e aggregazione per gli italiani che vivono e lavorano nella Grande Mela: è stato organizzato un party sulla terrazza di Spring Place, affacciata sul fiume Hudson.
Durante i festeggiamenti, accompagnati da cucina italiana e bevande della tradizione tricolore, il tenore Christopher Macchio ha intonato l’inno nazionale e tenuto un’esibizione di musica lirica. La serata, possibile anche grazie al sostegno di molti brand di spicco del “Made in Italy”, è stata impreziosita, appunto, dall’esposizione di una Ferrari F1 e di due moto Ducati, compresa quella vincitrice della Moto America championship del 2022. Le foto dei gioielli della meccanica ingegneristica italiana, inserite in un contesto “urban”, hanno fatto il giro dei social americani nel weekend.
AGI – “Ho compiuto 40 anni quest’anno e ho due bambini piccoli, portare i baffi mi fa sentire più come un papà, ma un papà divertente”, ha confessato al New York Times Micah Fitzerman-Blue, sceneggiatore di Los Angeles, che nell’atto di radersi si è improvvisamente fermato, si è rimirato allo specchio per poi decidere di non cancellare quella striscia di pelo tra naso e bocca.
Già, i baffi. Capaci di evocare qualsiasi cosa, dalla rude mascolinità all’ironia stravagante alla sincera allegria di un padre, “stanno vivendo una nuova stagione”, assicura il giornale Usa. Tornano di moda. E sebbene sia difficile separarli dalla tendenza di portare la barba, gli specialisti del genere “affermano che la tendenza all’incremento” sui volti delle persone “è significativa e recente”.
Secondo il giornale, un tempo tratto distintivo delle personalità “rampanti, porno star e icona controculturale o di soggetti demodé”, i baffi sono oggi solo un contraltare della barba. E le ragioni sono più d’una: per esempio, i baffi sono “indice di mascolinità” ma al tempo stesso “giocosi”, tanto più in un mondo che “gode di nuovi modi di interagire con altri generi sessuali”. Specie dopo un decennio che ha visto infoltirsi il numero delle barbe, favorite anche dai prolungati lockdown pandemici che hanno consentito a un sacco di persone “di provarli e rendersi conto che piacevano e donavano”.
Sostiene Matty Conrad, che gestisce diverse barberie a Vancouver e un popolare canale YouTube dedicato alla cura dei peli del viso, che i baffi oggi “abbiano preso il posto delle barbe da più di un decennio”.
Non manca chi osserva che quanti soffrono di calvizie spesso trovino nei baffi un rifugio, un nuovo stile e look. E chi portava un tempo la barba e se l’è tagliata tenendo i baffi, nota d’aver ricevuto nuove attenzioni e d’esser stato guardato in altro modo e d’aver persino ricevuto i complimenti per il nuovo aspetto. I baffi, annota il New York Times, “sono diventati più diffusi nei locali queer a fine anni 2010, specie “quelli sottili che completano quell’estetica sessuale, curata e fatta di pelle e imbracature alla Tom of Finland”, il disegnatore e illustratore finlandese noto per i suoi disegni omoerotici che hanno influenzato la cultura gay del ventesimo secolo.
Insomma, la popolarità dei baffi è sempre stata particolarmente sensibile alle icone culturali e alle tendenze del momento, tant’è che “fino al 1916, ai soldati britannici era proibito radersi il labbro superiore, forse a causa della profonda associazione dei baffi a virilità e forza”. Poi sono diventati pure oggetto d’ironia o scherno: “I baffi a spazzolino di Charlie Chaplin, piccola macchia sopra il labbro, sono stati adottati proprio per il loro fascino umoristico, prima d’esser associati alla figura di Adolf Hitler e non fare più tendenza”. Negli anni ’70 e ’80 la netta divisione stilistica “tra mainstream e controcultura” ha iniziato ad attenuarsi e i baffi sono stati associati “alla spavalderia maschile”, specie se riferiti a volti come quelli “di Burt Reynolds, Tom Selleck, Sam Elliott”, eccetera.
A fine anni ’90, invece, i baffi erano talmente fuori moda che pochi pensavano sarebbero mai tornati in auge. Eppure di lì a poco sono stati recuperati, tanto che oggi i baffi da soli, che richiedono un minimo di cura, suggeriscono anche che chi li indossa sia “persona orgogliosa del proprio stile”, assicura il quotidiano della Grande Mela.
AGI – A differenza delle sale più vecchie, come quelle di etnografia, piene di scaffali in legno e vetro e bambole di feltro, la nuova ala del Museo di storia naturale di New York, che si chiama Gilder Center for Science, Education and Innovation, l’ultima aggiunta ai dieci edifici dell’istituzione dalla sua fondazione nel 1869, è l’inizio d’una nuova era: dopo 10 anni di lavori, resi difficili dalla pandemia, e con un investimento di 465 milioni di dollari (425 milioni di euro), il Museo “è oggi una piattaforma di conoscenza interattiva”, scrive il Paìs.
E così il carattere scientifico del centro, con aule di nuova generazione e un macro data center, “va di pari passo con la sua obbligatoria funzione espositiva”. Ovvero, dei quattro milioni di pezzi che il museo ospita nel suo complesso, “solo circa 30.000 sono esposti al pubblico” perché d’ora in poi la dimensione virtuale del nuovo edificio, “con touch panel a disposizione del visitatore, ne moltiplica le potenzialità”.
Ed è una promessa per il futuro, con un obiettivo ben preciso: “Continuare a raccontare la storia naturale del mondo, dai dinosauri alle galassie, ma in chiave contemporanea”, sottolinea il quotidiano. L’edificio, progettato dallo Studio Lang, “è inondato di luce naturale dai lucernai che punteggiano il grande canyon a cui somiglia mentre il motivo diagonale evoca la stratificazione geologica”.
Il nuovo centro facilita anche il percorso del visitatore stabilendo una continuità attraverso un’area che occupa quattro blocchi e che collega edifici che sono stati costruiti in quasi 150 anni, creando 33 collegamenti tra 10 edifici. Il restyling del museo newyorkese ha permesso di incorporare, come sottolinea Ellen Futter, presidente emerita del centro, “la visione del futuro come imperativo dell’istituzione; l’espressione moderna di un museo di storia naturale, che deve affrontare realtà che stanno arrivando come il cambiamento climatico e la biodiversità”, e che – negli edifici più vetusti, residuo d’altri tempi – non erano certo neppure contemplati. “L’interdisciplinarietà è un imperativo dell’istituzione“, ha affermato Futter durante la presentazione.
“Il Gilder Center è progettato per invitare all’esplorazione e alla scoperta, che non è solo emblema della scienza, ma anche una parte importante dell’essere umano. L’obiettivo è coinvolgere tutti, di tutte le età, background e abilità, per condividere l’entusiasmo di conoscere il mondo naturale”, ha affermato Jeanne Gang, direttrice fondatrice e partner di Studio Gang. Il grande atrio inondato di luce naturale grazie a grandi lucernai, “si ispira al modo in cui il vento e l’acqua scolpiscono i paesaggi nella natura”, curvature, archi, grotte mentre la trama, il colore e le forme fluide dell’atrio si ispirano ai canyon del sud-ovest americano.
AGI – Meglio i funghi del ghiaccio per tenere al fresco gli alimenti. Lo hanno verificato i ricercatori dell’Università Johns Hopkins che hanno documentato una straordinaria capacità di raffreddamento nei lieviti, nelle muffe e nei funghi. Infatti, il team di ricerca ha scoperto che i funghi e altri lieviti e muffe, rimangono più freschi rispetto all’ambiente circostante e ha anche spiegato come mai rimangono così freschi: perché contengono molta acqua, basta pensare a come i funghi si restringono quando cucinati, e la rilasciano gradualmente in una forma fungina di sudorazione che abbassa la loro temperatura, dicono i microbiologi sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
Principalmente per divertimento, il team ha persino costruito un frigorifero da picnic alimentato dai funghi. Durante le passeggiate nei boschi durante la pandemia di Covid-19, il microbiologo dell’Università Johns Hopkins Radamés Cordero stava provando la nuova telecamera termica del suo laboratorio, che registra l’infrarosso, ovvero il calore, come immagini. Lui e il suo collega Arturo Casadevall avevano pianificato di usare la telecamera per vedere come i pigmenti scuri di alcuni funghi influenzano la temperatura superficiale.
Durante le sue escursioni, Cordero ha immaginato circa 20 tipi di funghi selvatici e tutti, indipendentemente dal colore, erano più freschi dell’ambiente circostante. Successivamente, in laboratorio, i ricercatori hanno scoperto che alcune specie, come l’amanita stellata americana marrone, erano solo di 1°C o 2°C più fresche dell’ambiente circostante, ma il fungo Pleurotus ostreatus era quasi 6°C più fresco.
Inoltre, 19 tipi di muffe e lieviti, tra cui il lievito da birra, la muffa che produce la penicillina e alcuni patogeni umani, erano anche freschi, soprattutto vicino al centro delle loro colonie. Anche a temperature dell’aria vicine allo zero, le colonie erano circa 1°C più fredde.
Le temperature dei funghi monocellulari sono state una sorpresa, poiché rispetto ai funghi hanno molta meno area superficiale per volume, anche quando raggruppati in colonie, per la perdita di calore. Ma il lavoro suggerisce che “questo fenomeno è una caratteristica diffusa del regno fungino”, afferma Cordero.
Nell’esperimento, Cordero e Casadevall hanno inserito due fori per l’aria in una piccola scatola da imballaggio in polistirolo contenente meno di mezzo chilogrammo di funghi champignon, hanno installato una ventola di scarico del computer in un foro per far passare l’aria attraverso di essa e hanno inserito la scatola in un contenitore di polistirolo più grande.
Con la ventola accesa, la temperatura del contenitore più grande è scesa di 10°C in 40 minuti ed è rimasta lì per mezz’ora. “Non congelerai l’acqua”, attraverso il raffreddamento dei funghi, dice Casadevall. Ma il prototipo potrebbe facilmente mantenere una confezione da sei e il pranzo refrigerati per un picnic veloce, dice, “e dopo puoi mangiare i funghi”.