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L’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, è tornato a parlare di politica italiana durante la presentazione del suo ultimo libro (“Ho imparato”, edito da “Il mulino”) a Brescia. L’affondo dell’ex premier è subito per Salvini. “Dobbiamo ribellarci culturalmente all’idea di diventare tutti Orban – ha spiegato dal palco – Salvini nega l’italianità: noi dobbiamo contendergli l’Italia, non ha nessun titolo a rappresentarla nella logica in cui ne parla”.

Ospite di una serata organizzata agli Artigianelli dall’associazione “Dieci giornate” e moderata dal direttore del Giornale di Brescia, Nunzia Vallini, Letta ha rilanciato la “moralità” della politica: “Oggi si parla di chiusura, una linea che piace perché il cambiamento spaventa – ha sottolineato l’ex premier -. La politica è sepolta tra la delegittimazione morale del “vaffa” di Grillo, la cancellazione dei diritti della ruspa di Salvini o il rottamare chi è più vecchio di Renzi. Alla fine anche Salvini farà la fine di Renzi e Macron: il caso dell’autorizzazione a procedere per la vicenda Diciotti è il primo segnale”. 

La Tav è un “buco di cinque metri”, come dicono i Cinque Stelle o una galleria di 25 chilometri, come sostiene la Lega? 

A rinvigorire la polemica è la visita di Matteo Salvini al cantiere di Chiomonte, dove il leader della Lega è andato a tessere le lodi del tanti contestato collegamento ferroviario tra Torino e Lione. “Si completi questa incredibile, eccezionale opera pubblica di cui l’Italia dovrebbe avere vanto in giro per il mondo perché di opere così fatte ne ho viste poche” ha detto il ministro dell’Interno, “il tunnel c’e, che non stiamo parlando di un campo di grano. Ci sono 25 km di gallerie scavate  l’Italia non può permettersi di restare isolata rispetto al resto d’Europa. Mentre tutti gli altri vanno avanti noi – ha aggiunto – non possiamo restare indietro anche perché l’interscambio tra Italia e Francia è di decine di miliardi di euro e se ci togliamo questa possibilità di collegamento diretto rischiamo di perdere ulteriore crescita del Pil e ulteriore export “.

Leggi anche: Tav, la verità dei fatti

Gi ha subito fatto eco la ministra francese dei Trasporti, Elisabeth Borne, durante una visita all’altro capo dell’opera: il cantiere a Saint-Martin-la-Porte. “La Francia è molto impegnata in questo progetto. E’ più di un progetto, è una realizzazione” ha detto mostrandosi ottimista sull’esito del confronto con l’Italia, sottolineando comunque che “il tempo sta finendo, perché le scadenze finanziarie dell’Europa devono essere rispettate”. 

Per i Cinque Stelle i lavori sono a zero

E la replica dei Cinque Stelle non si è fatta attendere: “Salvini non è andato a vedere il cantiere della Tav ma un buco di 5 metri. Di quale opera parla? Non esiste nessuna opera in corso. Su questo tema non bisogna fare propaganda elettorale, bisogna dire solamente la verità agli italiani. Noi vogliamo investire i soldi dei cittadini italiani per realizzare opere utili a tutti, opere che servono ai cittadini ogni giorno” ha detto Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri. 

Ma come stanno veramente le cose?

In totale, le tre parti della linea ferroviaria Torino-Lione compongono un tracciato lungo circa 270 km – di cui il 70 per cento (189 km) in territorio francese e il 30 per cento (81 km) in territorio italiano – che interessa complessivamente 112 comuni. Un’opera che comporta molti interventi, sia sulle ferrovie nazionali sia in scavi geognostici, quest’ultimi fatti per analizzare il terreno e preparare i tunnel utilizzati per la manutenzione e la sicurezza a opera ultimata.

Viaggio nel cantiere della Tav

Una “tappa” preliminare e limitata, detta “Tappa 0”, già conclusa, ha previsto la messa in servizio della gronda merci Cfal Nord di Lione (Contournement Ferroviaire de l’Agglomération Lyonnaise), in Francia; in Italia, la realizzazione di interventi di potenziamento tecnologico nella tratta italiana tra Avigliana e il nodo di Torino, il quadruplicamento tra le stazioni Torino Porta Susa e Torino Stura e il potenziamento del servizio ferroviario metropolitano.

Prendiamo in considerazione ora la sezione transfrontaliera, la cui realizzazione, come abbiamo visto, costituisce la Tappa 1 dell’intera linea. Secondo i dati ufficiali – aggiornati al 31 ottobre 2017 e pubblicati a marzo 2018 nel Quaderno 10 dell’Osservatorio – sono stati scavati oltre 21 chilometri di gallerie, ma nessuno nelle due canne del tunnel.  

In realtà i 6 km tunnel geognostico di Saint-Martin-la-Porte sono già scavati nell’asse e nel diametro del tunnel di base e quindi ne costituiranno di fatto il primo tratto, già in fase di realizzazione. I chilometri totali di galleria scavati ad oggi (considerando il totale dei lavori geognostici) sono 25.

Gli scavi ultimati comprendono, tra gli altri, la discenderia di  Villarodin-Bourget-Modane in Francia (iniziata nel 2002 e completata nel 2007); quella di Saint-Martin-la-Porte in Francia (iniziata nel 2003 e completata nel 2010); il cunicolo esplorativo della Maddalena di Chiomonte in Italia (iniziato nel 2013 e terminato a febbraio 2017).

A cosa servono i tunnel già scavati

La prima funzione di queste discenderie è quella geognostica: cioè sono scavate per capire quali sono le caratteristiche del terreno e individuare i potenziali problemi di meccanica. Terminato questo scopo, questi tunnel costituiranno parte integrante del tunnel di base, “in quanto essenziali alla sua ventilazione, a interventi di manutenzione e come uscite di sicurezza”.

Tra i cantieri ancora in corso tra Francia e Italia, risulta invece ancora in costruzione il tunnel geognostico di Saint-Martin-La-Porte – in asse e nel diametro del tunnel di base –, una fase esplorativa iniziata nel 2015, dopo che nel 2010 erano finiti i lavori per la discenderia. Qui, ad agosto 2018, sono stati scavati quasi 5 km sui 9 km complessivi.

A luglio 2017, è stato pubblicato un progetto di variante – poi approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) a marzo 2018 – che prevede, tra le altre cose, lo spostamento per ragioni di sicurezza dell’area principale dei lavori da Susa al cantiere di Chiomonte, invertendo il senso di scavo rispetto a quello inizialmente previsto. 

Il cantiere di Chiomonte, quindi, è diventato la sede dell’inizio degli scavi definitivi per il tunnel di base.

“Si completi questa incredibile, eccezionale opera pubblica di cui l’Italia dovrebbe avere vanto in giro per il mondo perché di opere così fatte ne ho viste poche”. A tracciare le lodi della Torino-Lione è il ministro Matteo Salvini al termine della visita al cantiere di Chiomonte. “Ci sono in ballo – ha ricordato – 50mila posti di lavoro tra diretti e indiretti e in un momento di crisi economica rinunciarvi e mettere a rischio il lavoro di aziende mi sembra poco sensato. Quindi da domani continueremo a fare quello che abbiamo fatto con testardaggine guardando i numeri: basta che siano numeri oggettivi”.

“Sono contento perché gli italiani grazie alle vostre telecamere possono vedere che il tunnel c’è, che non stiamo parlando di un campo di grano”, ha detto Salvini: “Ci sono 25 km di gallerie scavate , l’Italia non puo’ permettersi di restare isolata rispetto al resto d’Europa. Mentre tutti gli altri vanno avanti noi – ha aggiunto – non possiamo restare indietro anche perché l’interscambio tra Italia e Francia è di decine di miliardi di euro e se ci togliamo questa possibilità di collegamento diretto rischiamo di perdere ulteriore crescita del Pil e ulteriore export “.

Pronta la risposta del M5s con Francesco Silvestri, deputato del MoVimento 5 Stelle: “Tra le tante balle diffuse in queste settimane da giornali e tv c’è quella per cui il Tav Torino-Lione sia un’opera già iniziata: non è cosi’! Oggi il ministro Salvini non è andato a vedere il cantiere del Tav, ma solo un buco di 5 metri che serviva per studiare la fattibilità dell’opera. Cosa staremmo fermando dunque? Cosa crede di aver visto Salvini?”.
 

“L’unica cosa davvero importante”, prosegue Silvestri, “in questa fase è definire se l’opera sia utile e sostenibile dal punto di vista economico e ambientale, che è quello che stiamo verificando con grande senso di responsabilità. È evidente che, se il Tav non si dovesse fare, i soldi risparmiati saranno investiti per lavori essenziali ai cittadini. La più importante Grande Opera da fare per il nostro Paese si chiama ‘Manutenzione’. Questo non vuol dire quindi che siamo solo per il ‘No’, anzi, ora grazie al grande lavoro dei ministri Toninelli e Bonafede siamo sicuri che qualsiasi opera si potrà realizzare senza il ‘magna magna’ al quale siamo stati abituati in questi anni e stiamo già lavorando per questo”.

Governo diviso? “Non è una novità. Stiamo commentando da un anno il fatto che ci siano due visioni diverse nel governo sulla questione Tav”. Lo ha affermato la sindaca di Torino, Chiara Appendino, a margine dell’inaugurazione del nuovo anno dell’Accademia Albertina, commentando le dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Salvini oggi in visita al cantiere della Torino-Lione a Chiomonte. “Si è deciso un percorso – ha aggiunto – ora speriamo che il ministro Toninelli condivida con la Francia l’analisi e poi finalmente si dibatta nel merito”. 

“Il cambiamento lo decidono i cittadini venezuelani. Noi siamo dalla parte della pace e della democrazia, quindi dobbiamo creare tutti i i presupposti per favorire nuove elezioni”. Lo ha detto il vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, a Montecitorio, rispondendo all’appello di Juan Guaidò. Di Maio ha detto di non riconoscere Maduro, ma nemmeno Guaidò, perché servono elezioni democratiche che stabiliscano chi guida il Venezuela.

“Visto e considerato che siamo già stati scottati in questi anni da interventi di ingerenze di Stati occidentali in altri Stati, non vogliamo assolutamente arrivare al punto di riconoscere un soggetto che non è stato votato dal popolo come presidente della Repubblica. Al netto che non riconosciamo neanche Maduro”, ha ribadito Di Maio. “Su questo l’Italia continua a sostenere una azione diplomatica e di mediazione con gli altri Stati per arrivare a un processo che porti a nuove elezioni ma senza ultimatum”, ha concluso. 

 

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non è preoccupato dalla recessione tecnica certificata oggi dall’Istat con il Pil a -02,% nel quarto trimestre del 2018. “Nessuna preoccupazione. A noi interessa concentrarci sul rilancio della nostra economia, che avverrà sicuramente nel 2019 perché saranno attuate le misure approvate con la manovra. Ci sono tutte le premesse per un bellissimo 2019”, ha affermato Conte. Riguardo alla possibilità di riferire in Parlamento, come richiesto dalle opposizioni, Conte ha detto:  “Io sono sempre disponibile quando le opposizioni chiedono chiarimenti. Quindi, vedremo”.

La Federazione gioco calcio decide di intervenire contro gli episodi di razzismo: il Consiglio federale ha deciso di modificare la procedura di sospensione temporanea delle partite.

In caso di cori razzisti, quindi, al primo episodio le squadre andranno al centro del campo, mentre se si verificherà un secondo episodio le squadre si recheranno negli spogliatoi.

Per quanto riguarda la sospensione del match, invece, l’autorità competente sarà sempre il responsabile per l’ordine pubblico. Questa decisione viene accolta con scetticismo dal ministro dell’Interno che, interrogato dai cronisti in Transatlantico, liquida la cosa così: “Facciamo la scala Richter dei ‘buu’, dai non facciamo ridere…”.

Diverso il parere del presidente della Federcalcio: “In questo modo abbiamo semplificato le procedure togliendo responsabilità ad arbitro e quarto uomo” ha spiegato Gravina “individuando nel delegato alla sicurezza e all’ispettore della Procura Federale il compito di segnalare eventuali cori razzisti. Abbiamo inoltre reintrodotto una serie di esimenti”.

Il presidente della Figc ha poi voluto spiegare che “l’ipotesi della sospensione è un danno di immagine per il calcio italiano e un danno per i tifosi per bene” e che “le responsabilità devono essere singole e non collettive”, ma al tempo stesso ha voluto ribadire che “va fatto qualcosa affinché il calcio per bene possa vincere, dobbiamo sovrastare quegli episodi con il tifo sano”.

Altra decisione importante presa dal Consiglio federale è sul prossimo campionato di Serie B. Il Consiglio Federale dà il via alla tanto attesa riforma dei campionati professionistici, attraverso la modifica degli art.49 e 50 delle NOIF con il quale dalla stagione 2019-2020 si fissa il numero minimo delle squadre partecipanti ai campionati di Serie A, B e C in 18, 18 e 40 e con una norma transitoria che per la prossima stagione prevede che il campionato di serie B sia articolato in un girone unico da 20 squadre, con una quinta promozione dal campionato di Lega Pro rispetto alle 4 già previste.
 

Salvini critica la Federcalcio per le nuove regole varate in materia di cori razzisti. “Facciamo la scala Richter dei ‘buu’, dai non facciamo ridere…”. Con queste parole il titolare del Viminale ha commentato la decisione della Figc di sospendere temporaneamente le partite dopo il secondo episodio di intolleranza.

Oggi il consiglio federale della Figc ha deciso che, fermo restando che l’autorità competente per la sospensione delle partite sarà sempre il responsabile per l’ordine pubblico, cambia la procedura per la sospensione temporanea delle partite in caso di cori razzisti: da tre a due i passaggi (squadre al centro del campo e al secondo episodio squadre negli spogliatoi).

“Tra qualche ora inizieranno le operazioni di sbarco” della Sea Watch: lo ha annunciato il premier, Giuseppe Conte, a Milano, dopo l’incontro con il sindaco Giuseppe Sala.“Si è aggiunto anche il Lussemburgo alla lista dei Paesi amici che hanno risposto al nostro invito – ha fatto sapere Conte – ora siamo 7 Paesi”.

Mentre continua la battaglia a colpi di cifre tra candidati del Partito Democratico, nella aule e nei corridoi del Parlamento ci si interroga sul risultato che vede in vantaggio Nicola Zingaretti. Per la mozione Martina, Zingaretti è al 47,2%, Martina al 36,5%, Giachetti al 12,8% nei circoli dem quando a votare sono stati 175 mila iscritti. Il governatore del Lazio, si sottolinea dagli stessi ambienti, resta dunque al di sotto della maggioranza, mentre gli altri due candidati, insieme, sono vicini al 50% dei voti.

Più netto il vantaggio di Zingaretti stando circolati in mattinata e relativi ai numeri comunicati dalle federazioni regionali: Nicola Zingaretti avrebbe due punti percentuali in più, attestandosi al 49,1% con 81.648 preferenze su un totale di 166.447 voti; Maurizio Martina al 35,1% con 58.345 preferenze; Roberto Giachetti all’11,3% con 18.847 preferenze.

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Staccati gli altri tre candidati: Francesco Boccia si ferma al 3% con 5.021 preferenze, Dario Corallo al 0,8% con 1.271 preferenze e Maria Saladino allo 0,8% con 1.315 voti. “Sono molto contento del risultato ottenuto sulla mia proposta politica, ben oltre ogni più ottimistica aspettativa, e soprattutto dal sostegno e dalla mobilitazione registrati in tutte le regioni d’Italia”, scrive Zingaretti in una nota.

Una soddisfazione condivisa con i parlamentari a lui vicini che parlano di risultato positivo e non scontato anche perché, viene spiegato, “dall’altra parte si sta facendo di tutto per ‘sporcare’ la vittoria di Nicola”. In primo luogo cercando di frammentare la partita del congresso, presentando due candidati “sovrapponibili” ed entrambi “riconducibili a Matteo Renzi”.

Una tesi che sembra trovare conferma con quanto si dice nei capannelli di Palazzo Madama: se si sommano i voti di Martina e Giachetti, sottolinea un senatore “emerge che l’area renziana e riformista è ancora in maggioranza nel Pd”. Ma l’analisi del voto – seppur parziale e in attesa dell’imprimatur della Commissione Congresso – si spinge ai risultati nei singoli circoli, alla ricerca di indizi che raccontino il ‘mood’ di questo congresso e i suoi rapporti di forza.

Ad esempio, i parlamentari vicini a Zingaretti sottolineano il dato di Salerno e Palermo, dove Martina ha vinto bene grazie alle “carriolate di voti” portate da Vincenzo De Luca e Davide Faraone. Mentre tra i sostenitori del governatore del Lazio si evidenzia come i circa 80.000 voti incassati Zingaretti li abbia raccolti soprattutto nel “suo” Lazio e aggiungo che tolto il dato della regione si arriva ad avere lo stesso risultato ottenuto da Andrea Orlando nel 2017.

Obiezioni di fronte le quali un esponente del Pd vicino a Zingaretti sorride: “Non credo che Nicola si preoccupi di questo. Tutt’altro: l’importante è portare a votare quanta più gente possibile e, se la vittoria si da per scontata, si rischia che tanti iscritti e simpatizzanti rimangano a casa il 3 marzo”. Tesi che sembra confermata da un’altra dichiarazione del governatore: “Ha ragione Martina: comunque la partita è aperta. Per cambiare completamente questo partito il 3 marzo tutti a votare alle primarie”. 

Oggi più che mai è il giorno di Matteo Salvini che rischia un processo per il caso della nave Diciotti. Questa mattina la giunta delle elezioni e delle immunità del Senato si riunisce per esaminare la richiesta del Tribunale dei Ministri di Catania di procedere contro il ministro dell’Interno per sequestro di persona aggravato per il caso della nave, rimasta per giorni alla deriva con 190 persone a bordo lo scorso agosto.

La palla ai 5 Stelle

L’ago della bilancia la fanno i 5 stelle che fanno parte della giunta e che per il momento non lasciano trapelare nulla. Martedì Salvini ha fatto una virata, affermando di essersi mosso secondo le sue prerogative e di non meritare il processo. A rafforzare la tesi, Giulia Bongiorno, ministro della Pubblica amministrazione e nota penalista, che spiega che il reato contestato al segretario della Lega di fatto non esiste e che un processo a suo carico durerebbe otto anni, per poi finire con un’assoluzione. Ma il cambio di rotta ha spiazzato i 5 Stelle.

Non a caso, osserva il Corriere della Sera, il Movimento per voce del senatore Emilio Carelli apre a qualsiasi scenario: “Non so più se voteremo sì o no”. A surriscaldare ancora di più il clima – continua il Corriere – “ci si mette poi l’indiscrezione fatta filtrare da alcuni funzionari del Viminale secondo cui sulla nave Diciotti ci sarebbero state infiltrazioni terroristiche”. Intanto Alessandro Di Battista ci ripensa.

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E se domenica chiedeva a Salvini di non servirsi dell’immunità oggi cambia opinione e afferma che “processarlo non è giusto”. Salvo poi assicurare che “io credo proprio che voteremo sì all’autorizzazione a procedere. Sarebbe molto difficile per il movimento votare no, questa è la nostra storia”, riporta La Stampa. A tarda serata l’incontro tra Luigi Di Maio e i senatori pentastellati della Giunta di Palazzo Madama, avvenuto a casa di uno dei senatori stessi, si è chiuso con nulla di fatto.

Conte: “Mia la responsabilità”

Da Nicosia torna Giuseppe Conte che, a vertice euromediterraneo terminato, lancia un segnale di peso sulla questione Diciotti, che coinvolge Matteo Salvini e che vede una certa fibrillazione nella maggioranza a proposito della richiesta di autorizzazione a procedere chiesta per il ministro dell’Interno. “Sono responsabile di questa politica di governo”, scandisce il presidente del Consiglio che poi chiarisce senza mezzi termini: “Mi assumo la piena responsabilità politica di ciò che è stato fatto e della vicenda Diciotti”. 

Sempre a Nicosia Conte ha assicurato che l’Italia ha incassato la disponibilità di cinque paesi (Germania, Francia, Portogallo, Romania e Malta) a prendersi carico dei 47 migranti a bordo della Sea-Watch. Una notizia che Salvini ha commentato così: “Era il nostro obiettivo, vuol dire che la nostra linea paga”.

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