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AGI – “Considerare via Padova un modello di integrazione è un’aberrante mistificazione della realtà: via Mosso è così adesso perché un’amministrazione a guida Lega ha voluto una cancellata, che la passata amministrazione non voleva, perché c’erano transessuali che sputavano sangue infetto contro le forze dell’ordine“. È scontro tra Lega e Pd a Milano. Nel mirino le dichiarazioni fatte dal consigliere comunale Samuele Piscina, che del Carroccio è anche segretario provinciale, durante il consiglio comunale di lunedì. Piscina era intervenuto su via Padova dopo che la domenica precedente c’erano state schermaglie tra polizia e centri sociali proprio nella via dove la Lega aveva organizzato una fiaccolata e la presentazione del libro della europarlamentare Silvia Sardone.

 

I centri sociali, sfondando il cordone delle forze dell’ordine, avevano cercato di impedire gli appuntamenti del partito di Matteo Salvini. Da qui il casus belli. Durissima la replica del consigliere del Pd Michele Albiani, da sempre sensibile alle questioni che riguardano la comunità Lgbt: “Fai schifo, vergognati, sei da querela. Che schifo”, ha urlato in aula il dem. Per Albiani, “Piscina deve chiedere immediatamente scusa pubblicamente nella prossima seduta del Consiglio. Non è accettabile un linguaggio del genere”.

AGI –  “Il governo di fatto non ha risposto alle nostre domande, e non chiarisce minimamente cosa si intende fare su questo assurdo aspetto della tassa in più sui bagagli nei treni“. Lo ha detto il deputato del PD Andrea Casu rispondendo al question time presentato in commissione Trasporti della Camera insieme ai colleghi Barbagallo, Bakkali, Ghio, Morassut in cui si chiedeva se la decisione di Trenitalia di sospendere le tasse sui bagagli è una decisione definitiva o soltanto un rinvio temporaneo, che è stato discusso insieme al quesito sul medesimo tema presentato da Francesca Ghirra di AVS.

 

“Capiamo – esclama Casu – che è in atto una vera e propria crociata del governo contro l’intermodalità e la mobilità sostenibile, ma c’è sembrato alquanto strano e grottesco che questa decisione venga improvvisamente sospesa da Trenitalia senza la minima spiegazione di cosa intendono fare, ossia se cancellare definitivamente questa norma assurda o se invece è soltanto una sospensione momentanea guarda caso proprio in vista delle imminenti tornate elettorali. Non solo si parla di biciclette e monopattini quindi si applicherebbe un’ulteriore tassa e spesa al viaggiatore che decide di portare con sè un mezzo di trasporto sostenibile come bicicletta o monopattino, ma si parla addirittura di passeggini. Il passaggio sui passeggini gemellari è devastante – aggiunge il dem – una mamma che ha due gemelli deve pagare 50 euro in più per il passeggino gemellare. Stiamo parlando di qualcosa che va al di là della realtà. Noi dobbiamo dare un segnale chiaro dicendo che si riorganizza il trasporto dei bagagli sui treni e se Trenitalia annuncia un cambiamento ci deve spiegare come funziona, se sia solo momentaneo, funzionale alle campagne elettorali in corso o se invece sia definitivo. Mentre invece le risposte del Governo sono state burocratiche e scarne e non chiariscono se la sospensione prevista da Trenitalia su bagagli e quant’altro sia solo una strategia per cercare di portare una volata sulle imminenti tornate elettorali”, conclude Casu. 

AGI – La gestualità, come di sovente le capita, è eloquente. Davanti al popolo del centrodestra riunito a Pescara, per sostenere Marco Marsilio nelle regionali di domenica, Giorgia Meloni allarga le braccia, le richiude sulla testa e poi a coprirsi il volto. “C’ho l’elmetto”, scandisce, mentre parla della sfida delle europee di giugno. E poi ripete ancora: “Io ho già messo l’elmetto e vinceremo anche questa battaglia”. La frase scalda una piazza Salotto bagnata dalla pioggia, cui la premier chiede, prima ancora del voto europeo, di sostenere la conferma del primo presidente di Regione di Fratelli d’Italia nell’impresa di essere anche il primo governatore rieletto in Abruzzo.

 

Nel breve tour abruzzese in vista delle regionali di domenica, Meloni fa tappa prima a Teramo, dove incontra imprenditori e rappresentati delle associazioni e del mondo produttivo. La premier si dice “molto ottimista” sull’esito del voto regionale. “L‘effetto Sardegna dobbiamo ancora vederlo, perché non si è ancora capito com’è finita”, aggiunge rispetto ai problemi di conteggio dei voti dopo le regionali sarde, comunque perse dal candidato di FdI, Paolo Truzzu.

“Essendo io stata eletta qui sarebbe brutto se mi cacciate”, scherza poi con gli imprenditori. Il riferimento è al suo collegio di elezione alle politiche del 2022 (Camera-uninominale L’Aquila-Teramo).
Guardano a lunedì con ottimismo anche i vice premier Matteo Salvini e Antonio Tajani, insieme sul palco di Pescara, con anche Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi.

 

 

“In Abruzzo si vince e la Lega farà un risultato a due cifre”, prevede il capo di via Bellerio. “Escludo secondi e terzi passi falsi” dopo la Sardegna, assicura il segretario azzurro. “Sono convinto che il centrodestra vincerà perchè girando per l’Abruzzo percepisco un clima molto, molto positivo in particolare per Forza Italia”.

 

Tutti e tre i leader del centrodestra mostrano poi grande preoccupazione per il caso del dossieraggio. Tajani chiede “verità”, Salvini promette “denunce” e pretende di sapere se “i vertici della Guardia di finanza fossero informati”. “Credo che serva fare molta chiarezza su quello che scopriamo in queste ore dai giornali, da un’inchiesta a Perugia, secondo la quale ci sono funzionari dello Stato italiano che fanno dossieraggi ad personam per passare le notizie ad alcuni giornali, segnatamente al giornale di De Benedetti“, scandisce Meloni. “Vogliamo sapere chi sono i mandanti perché questi sono metodi da regime”. 

 

Per il resto, il comizio segue il ‘canovaccio’ classico sperimentato più volte dalla coalizione. Parlano prima i leader dei partiti ‘piccoli, Cesa e Lupi, poi, in rigoroso ordine di rappresentanza parlamentare, Tajani, Salvini e Meloni (l’inversione, prima Salvini e poi Tajani – causata da un ritardo del forzista -, aveva assai indispettito i leghisti la volta scorsa a Cagliari. E non si ripete a Pescara).

 

 

Dal palco, Tajani ricorda Silvio Berlusconi e il suo “amore per la terra” abruzzese. Comincia a spiovigginare e la presentatrice allunga un biglietto al segretario forzista. Il quale però non capisce bene: allora lei ad alta voce lo invita a concludere l’intervento perché la pioggia sta aumentando, sono le 19,30 e devono parlare ancora Salvini e Meloni. La foto di gruppo di tutti i leader sul palco con Marsilio viene quindi anticipata prima della fine del comizio, perché si teme l’aquazzone. Poi tocca a Salvini. Il segretario leghista riduce il più possibile il suo intervento, parla degli interventi per l’Abruzzo e ribadisce di ripudiare i termini genitore 1 e genitore 2 e la maternità surrogata, oltre al fanatismo islamista che non rispetta i diritti delle donne. 

La parola quindi passa alla premier. “Voi non potete immaginare quanto per me sia importante, in una vita fatta tutta di problemi da risolvere e aerei da prendere, ogni tanto tornare qui e riprendere dalla piazza la benzina di cui ho bisogno per andare avanti fino alla scadenza successiva”, esordisce Meloni. “In Italia ci sono due realtà quella che raccontano i giornali di sinistra” che corrisponde ai loro desideri, “e poi c’è la realtà dei fatti. E i fatti dimostrano che questo governo procede veloce nelle sue decisioni”, assicura. “Noi in Abruzzo ci mettiamo la faccia perchè stiamo insieme per scelta. Ho visto cose incredibili in questa campagna elettorale: Conte che diceva che non era alleato con Renzi, Renzi che diceva che non è alleato con Conte, sono tutti alleati ma si vergognano a dirlo. Noi insieme governiamo una nazione e molte Regioni. I risultati si stanno vedendo”, aggiunge.
La difesa delle forze dell’ordine è poi strenua. “Non ci si puo’ ricordare delle forze dell’ordine solo quando c’è da insultare, solo quando qualcosa non è andato alla perfezione”, afferma la leader di FdI. “Lo scorso anno 120 agenti sono finiti all’ospedale. E nessuno ha espresso solidarietà a questi agenti. Vergogna a chi dice che gli si deve sputare addosso perchè gente così non puo’ rappresentare le istituzioni della Repubblica”, continua la leader di FdI.
Meloni poi racconta che una delegazione di agricoltori abruzzesi le ha annunciato che le regalerà un trattore per ricordarle di difendere le loro istanze. “Lo metto volentieri nel cortile di Palazzo Chigi”, dice.
La pioggia aumenta, il comizio si chiude con l’inno di Mameli. Prima di lasciare Pescara, Meloni si trattiene con una piccola folla di sostenitori che le regalano fiori e le chiedono selfie. E via sull’auto per il rientro a Roma. “Cerco sempre di tornare a casa prima che mia figlia dorma”, aveva spiegato prima agli imprenditori.

 

 

 

AGI – Come già accaduto in altre occasioni, la politica estera continua a dividere il fronte delle opposizioni, che si spacca sulla nuova missione italiana nel Mar Rosso. Pd, Azione, Più Europa e Italia viva votano a favore della relazione delle commissioni Esteri e Difesa della Camera sulle nuove missioni Aspides e Levante, mentre il Movimento 5 stelle si astiene e Verdi e Sinistra non partecipano al voto (il gruppo Avs, non è presente in commissione Difesa, mentre il deputato e segretario di SI, Nicola Fratoianni, componente della commissione Esteri, era assente in quanto si trova attualmente in viaggio verso Rafah per ‘scortare’ gli aiuti umanitari alle popolazioni di Gaza).

I pentastellati non digeriscono la dicitura operazioni “eminentemente difensive” e, per questo, non votano a favore. Ma il governo, che punta a un via libera unanime domani in Parlamento, viene incontro alle criticità, e dalla nuova formulazione del testo sparisce il termine “eminentemente”. Aspides, quindi, sarà una missione “difensiva”, e stop. Per i 5 stelle non è una sottigliezza tanto che, pur riservandosi di leggere il testo finale del testo che sarà messo ai voti prima di decidere il da farsi, fonti del Movimento spiegano che tuttavia si riscontra con favore il fatto che il governo abbia esplicitato in maniera chiara che si tratta di una missione che prevede “operazioni difensive”.

Punto su cui, si rimarca, proprio il Movimento aveva chiesto di fare chiarezza. Un passaggio apprezzato anche dal Pd. In casa dem, in particolare, si puntualizza che “la missione si deve inquadrare in un’azione diplomatica che il governo italiano insieme ai partner europei devono portare avanti”, come sottolinea il capogruppo in commissione Esteri, Enzo Amendola. E anche in questo caso arriva un’apertura da parte di governo e maggioranza, con l’approvazione di due emendamenti riformulati dall’esecutivo, in cui si fa chiaro riferimento a una azione diplomatica “per la de-escalation nel Medio Oriente, il cessate il fuoco a Gaza e la pace nell’intera regione”.

Quanto ad Avs, resta la contrarietà alla missione Aspides. “Noi sosteniamo tutte le misure a fianco delle popolazioni colpite dalle guerre: siamo impegnati anche oggi per il cessate il fuoco in Medio Oriente, con una nostra delegazione a Rafah”. Detto questo, osserva il vicecapogruppo Marco Grimaldi, “la missione nel Mar Rosso rischia di aumentare il livello del conflitto soprattutto se si autorizzerà l’attacco alle basi nello Yemen. Per questo non voteremo una missione che autorizza attacchi militari”. Divisioni su cui si incunea la maggioranza, per evidenziare che il “famoso campo largo non esiste affatto”. Complice anche la campagna elettorale in vista del voto in Abruzzo, giunta ormai al rush finale, il centrodestra – e in particolare FdI – incalzano Pd e M5s: “Ancora una volta i fatti dimostrano che non esiste all’opposizione nessun campo largo.

L’opposizione si è frantumata. Altro che luna di miele. Quello tra Pd e M5s dimostra di essere solo un matrimonio d’interesse, combinato a soli fini elettorali. Un matrimonio destinato a fallire”, sentenzia il capogruppo di FdI Tommaso Foti. Anche Italia viva ne approfitta per infilare il coltello nella piaga: “Trovo incredibile che M5s e Avs trovino il modo di distinguersi anche nel voto sulle missioni nel Mar Rosso”, attacca il capogruppo Davide Faraone. “Non bisogna schierarsi neanche contro gli Houthi? Nemmeno su due missioni autorizzate dall’Ue con uno scopo totalmente difensivo? Che pacifismo è quello che lascia affondare le nostre navi, mette a repentaglio la vita dei nostri soldati, divide l’Europa e fa salire alle stelle i prezzi dei nostri prodotti? Spero che il Pd e quelli del cosiddetto campo largo prima o poi lo capiscano”, conclude.

Prima alla Camera e poi al Senato, il ministro Tajani interverrà in Aula sulle tre nuove missioni deliberate dal Cdm del 26 febbraio e operative per tutto il 2024. Poi si voteranno le risoluzioni. Nello specifico, si tratta della missione Levante, “finalizzata a fornire contributi per fronteggiare una potenziale escalation nel conflitto Israele-Hamas, inclusi interventi umanitari a favore della popolazione civile dell’area”.

Della missione Aspides, che “si inquadra nell’ambito di un dispositivo multidominio in iniziative di presenza, sorveglianza e sicurezza nell’area del Mar Rosso, Golfo persico e Oceano Indiano nord-occidentale, con l’obiettivo di ripristinare e salvaguardare la libertà di navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo Persico”. Infine la missione Euam Ukraine, finalizzata “a sostenere l’Ucraina nel suo impegno per la riforma del settore della sicurezza civile e si inserisce nel quadro del percorso di adesione di Kiev all’Ue”. 

AGI – “Orecchie a terra”, in ascolto dei segnali dal territorio, per convincere quel ‘partito dell’astension’ decisivo per vincere in Abruzzo. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, nutre la speranza di un effetto domino innescato in Sardegna che possa buttare giù la destra in Abruzzo, prima, e nelle altre regioni al voto, Umbria e Basilicata, poi. Anche nel corso della commemorazione del senatore Bruno Astorre a Frascati, la leader dem ha toccato l’argomento quando ha ricordato l’attenzione del compianto esponente dem al territorio. “Un buon dirigente deve avere come faro la risposta ai problemi delle persone e costruirla insieme a loro. L’abbraccio del suo popolo al campo sportivo di Colonna è il segno di questo modo di essere di Bruno Astorre”, è la premessa: “Noi ci stiamo provando, tenendo al centro della nostra agenda il lavoro, la sanità, la casa. Ci stiamo provando, ma credo che c’è ancora una grande questione da affrontare: l’altro giorno abbiamo vinto le elezioni, ma c’era ancora il 47 per cento delle persone che non è andata a votare”. Per quel 47 per cento passa, per i dem, buona parte della sfida abruzzese. L’altra sta nei sindaci dei comuni montani e delle valli. Sindaci per lo più civici, che non hanno una radicata appartenenza politica.

Dal Partito Democratico viene notato come, con il passare dei giorni, si faccia più lungo l’elenco di quei primi cittadini dell’entroterra abruzzese orientati a candidare propri consiglieri con Luciano D’Amico. Un segno, per i dem, del fatto che il distacco fra D’Amico e Marsilio si va riducendo. Stando a quanto riportano fonti parlamentari, la forbice fra i due sarebbe inferiore al 5%. Che il Pd ci creda sembra confermato anche dal tour de force di Elly Schlein nella regione: dopo aver toccato comuni come Avezzano, Sante Marie e Tagliacozzo, a metà gennaio, ed essere stati visita a Teramo, esattamente un mese fa, la segretaria il 6 e il 7 marzo farà tappa a L’Aquila, Sulmona e Lanciano. Per l’occasione ritroverà al proprio fianco Pierluigi Bersani, riproponendo il ‘tandem’ visto in Sardegna, prima della vittoria di Todde. Una scelta anche scaramantica, cosi’ come la risposta di Dario Franceschini alla domanda dei cronisti sul divario che si riduce: un largo sorriso seguito al gesto delle corna fatto con entrambe le mani.

Un “vento di cambiamento” è avvertito da Giuseppe Conte per il quale in Sardegna “ha vinto la competenza, la capacità di saper ascoltare i cittadini e saper proporre soluzioni senza slogan vuoti o arroganza”. Il presidente del M5S sta battendo palmo a palmo la regione ormai da diversi giorni, in un tour che gli fa registrare “un grande e crescente entusiasmo intorno a Luciano D’Amico”. Ieri Conte era in Val di Sangro a visitare le aziende, a Vasto, Torre de’ passeri, Sulmona, Scanno. Nei giorni scorsi ha toccato Teramo, Chieti, Pescara, L’Aquila, Giulianova, Tagliacozzo, Avezzano, riserva Borsacchio. E venerdì, poco prima del voto, l’ex presidente del consiglio tornerà in Abruzzo (ma non si escludono altre tappe prima di quel momento), anche se lo schema rimarrà quello dell’incontro con i cittadini, lontano dai palchi. Entusiasmo crescente, dunque, ma non solo: nelle sue conversazioni con i cittadini, il leader M5S raccoglie una forte preoccupazione per lo stato della sanità dopo cinque anni di “malgoverno del centrodestra”. È la sanità, sottolinea, il tema più caro agli abruzzesi, con liste d’attesa che, in alcuni casi, arrivano a centinaia di giorni solo per una radiografia. Da qui la scelta di puntare forte su questo tema e su una parola d’ordine: restituire l’Abruzzo agli abruzzesi.

Un messaggio diretto al governatore di centrodestra, Marco Marsilio, accusato dai Cinque Stelle di aver governato da Roma, città natale di Marsilio, in “smart working”. Non sfugge, dalle parti di Campo Marzio, che l’affondo sul “malgoverno di Marsilio” abbia colpito nel segno. Il governatore ha risposto a brutto muso, accusando Conte di “inventare” una mala gestione della Regione che non esiste. “Marsilio farebbe bene ad ascoltare i cittadini”, è la controreplica, “invece che governare la Regione da Roma”. Dunque, sottolinea Conte, “la rimonta in corso si percepisce, forte. Gli abruzzesi vogliono cambiare pagina e noi ci crediamo, fino in fondo”. E se Salvini scommette un caffè sulla vittoria in Abruzzo, Conte rilancia: Sulla vittoria in Abruzzo “Salvini scommette un caffè? Allora ci crede. Se ci avesse creduto veramente avrebbe dovuto scommettere una cassa di trebbiano. Quindi mi sembra che il centrodestra sia in netta difficoltà. Comincia a preoccuparsi, vedo dichiarazioni un po’ scomposte, pensavano evidentemente di avere risolto facilmente questo dossier dopo cinque anni di malgoverno”. 

 

 

AGI – Ci vorranno almeno altre due settimane prima che l’ufficio elettorale centrale della Corte d’appello di Cagliari riesca a proclamare presidente e consiglieri regionali eletti in Sardegna il 25 febbraio scorso. I tempi sono in linea con quelli di cinque anni fa, quando l’ufficializzazione dei risultati elettorali arrivò il 20 marzo, mentre le elezioni si erano tenute il 24 febbraio.

 

Risulta, comunque, che tutte le sezioni siano state scrutinate, anche le 19 non caricate sul portale Sardegna Elezioni della Regione. Gli uffici elettorali circoscrizionali presso i tribunali dell’isola hanno verificato i verbali di 18 sezioni che avevano completato lo spoglio. Solo la sezione 6 di Villasor non l’aveva concluso e ha trasmesso il plico con le schede in tribunale a Cagliari, dove è poi stato perfezionato lo scrutinio.

 

Il vantaggio di Alessandra Todde, presidente in pectore, sull’avversario del centrodestra Paolo Truzzu, è attorno ai 1.600 voti, ma il numero preciso si conoscerà solo dopo la proclamazione. Dai voti di quei seggi, comunque, non arriveranno sorprese e probabilmente neanche da quelli contestati.

“In tutto il collegio di Cagliari ce ne risultano una cinquantina”, chiarisce all’AGI Marco Sanna, esperto dell’ufficio elettorale circoscrizionale del tribunale di Cagliari, alle prese coi dati della sua sesta tornata elettorale, precisando che l’Ufficio non può entrare nel merito delle schede nulle. Di conseguenza, a questo livello, non è possibile alcun riconteggio. Si tratta, infatti, di schede che non sono state oggetto di contestazione, neanche da parte dei presidenti di seggio, per le quali, durante lo scrutinio, non è stato possibile stabilire la reale volontà dell’elettore nell’esprimere il proprio voto.

Gli uffici elettorali circoscrizionali, come previsto dalla legge, sono al lavoro nei rispettivi tribunali. L’unico che finora ha trasmesso gli atti in Corte d’appello è quello di Lanusei, il collegio più piccolo degli otto in cui è suddivisa l’isola, che aveva da verificare i verbali di sole 67 sezioni. Altrettanto nei prossimi giorni faranno gli uffici di Sassari, Oristano, Nuoro, Tempio Pausania e Cagliari. Ma è proprio l’ufficio circoscrizionale del capoluogo quello da cui dipendono i tempi per la proclamazione: con 580 verbali di altrettante sezioni da controllare, è quello con l’onere maggiore.

 

“Ci serviranno altri 10 giorni”, pronostica Sanna, a proposito dei tempi necessari a completare le verifiche e precisando che non consistono in un “riconteggio”. “Poi trasmetteremo il verbale alla Corte d’appello che potrà procedere con la proclamazione”. A quel punto, solitamente passano 3-4 giorni, ma la tempistica dipende da troppe variabili, spiegano all’AGI gli addetti dell’Ufficio elettorale centrale in Corte d’appello, per fornire adesso una stima più precisa.

Nel palazzo di giustizia di Cagliari un’intera stanza è sommersa dai materiali elettorali provenienti dai seggi e i plichi sigillati invadono anche le scale, parte dell’atrio centrale e ogni spazio utile dell’ufficio elettorale al primo piano.
Intanto, nei giorni scorsi e anche stamattina qualche decina di presidenti di seggio è sfilata nell’ufficio elettorale circoscrizionale di Cagliari per chiarire anomalie o rettificare errori formali nei verbali trasmessi, ma non risultano situazioni di carattere eccezionale.

 

“Qualche totale che non quadra, numeri scritti male, niente di irreparabile”, riferisce Sanna. “Semplicemente ci vuole tempo per risolvere tutte queste piccole cose che non possiamo fare noi autonomamente”.
“Quando i dati non quadrano dal punto di vista matematico convochiamo qua il presidente del seggio per chiedere spiegazioni. Noi non correggiamo i verbali”, precisa l’esperto. “L’unica persona che può farlo è il presidente del seggio. Il nostro è un controllo numerico. Noi non prendiamo in mano nessuna scheda, non possiamo riconteggiare nulla”.

 

“Noi ora dobbiamo riunire i dati delle 580 sezioni della circoscrizione di Cagliari (dove si trova circa un terzo degli elettori della Sardegna, ndr), in un unico verbale che poi trasmetteremo alla Corte d’appello”, spiega l’esperto, dando per scontato che l’Ufficio di Cagliari sarà l’ultimo a inviarlo, perché deve attribuire 20 seggi (sui 60 del Consgilio regionale), il numero più alto, e ricontrollare molti più numeri. “Riunire questi dati significa andare a pescare da ogni singolo verbale quanti voti ha preso ogni candidato presidente, quanti ogni singola lista e quanti i candidati consiglieri”.

“Il dato ufficiale è quello che esce da noi”, ricorda Sanna, “non quello pubblicato sul portale della Regione. Se non tutti i dati sono stati caricati è perché c’è stato qualche problema, ma tutte le sezioni sono state scrutinate”. Dall’Ufficio centrale elettorale in Corte d’appello chiariscono anche che le operazioni di verifica dei verbali non solo pubbliche. È possibile assistervi solo per gli aventi diritto che hanno presentato per tempo domanda secondo le procedure previste. Finora una sola lista l’ha fatto nominando un proprio referente: è Sinistra Futura, una delle liste del Campo largo del centrosinistra che ha appoggiato la candidatura di Alessandra Todde

 

 

 

 

AGI – Si svolge a Firenze da venerdì 8 marzo a domenica 10 marzo la Leopolda 2024 ‘Riaccendere le stelle’, alla stazione Leopolda (viale Fratelli Rosselli, 5). L’inizio è fissato per le 21, dopo i lavori e i dibattiti dalle 16 che seguiranno alla Convention del Partito democratico europeo. La chiusura domenica all’ora di pranzo con l’intervento di Matteo Renzi. 

AGI – “La strada per ottenere una sorta di ‘riconteggio dei voti’ è certamente molto ripida e appare assai azzardata”. Lo spiegano gli avvocati cagliaritani Giuseppe Andreozzi e Giulia Andreozzi (consigliera di centrosinistra nel consiglio comunale di Cagliari) a proposito dell’incertezza sui dati definitivi delle elezioni regionali del 25 febbraio in Sardegna, in un post su Fb in cui chiariscono i passaggi e le procedure che porteranno alla proclamazione degli eletti in Corte d’appello nelle prossime settimane. “In Italia”, precisano i due legali, “non esiste un diritto generalizzato al riconteggio dei voti di un’elezione amministrativa. La giurisprudenza amministrativa è infatti assolutamente costante nel senso che chi ha interesse al ricorso, anche un semplice elettore, deve proporre ricorso al Tribunale amministrativo nel quale avrà l’onere di indicare la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede che intende contestare e le sezioni cui si riferiscono le specifiche censure mosse”.

 

“I tribunali entro 24 ore scrutinano le sezioni che non erano riuscite a concludere le operazioni in tempo utile”. In tutto 19 sezioni: erano 22 a nella tarda serata del lunedì dello spoglio, ma poi tre erano riuscite a trasmettere i dati corretti al Sier, il Sistema informativo della Regione, che aveva aggiornato il sito Sardegna elezioni. Poi gli uffici elettorali circoscrizionali dei tribunali “controllano le schede contestate (si tratta di poche decine di schede in ogni collegio), per poi procedere alla verifica dei verbali delle sezioni, in caso di errori nel riportare i dati da un verbale all’altro o nell’incolonnare le cifre”, proseguono i due avvocati. “Non vengono invece controllate le schede nulle. La Corte d’Appello procede poi alla proclamazione degli eletti. Tutto qui. Chi voglia poi contestare l’esito delle elezioni deve necessariamente rivolgersi al giudice amministrativo (Tar) entro 60 giorni dalla proclamazione, i cui margini sono però molto stretti”. 

 

Todde: sono serena, il riconteggio totale non è previsto

“I dati delle 22 sezioni mancanti, stando a quanto ci riferiscono i nostri rappresentanti di lista e presidenti di seggio, ci lasciano tranquilli. Chiaramente
aspetteremo le comunicazioni della Corte di appello di Cagliari ma per riuscire ad andare contro l’evidenza dei dati che arriveranno da lì bisognera’ fare un ricorso che deve essere motivato”. Non solo. Alessandra Todde, a Mezz’Ora in Piu’ su rai3, manda a dire che “un riconteggio totale non è previsto dalla legge, ma si può fare solo su singole sezioni”. La presidente della Sardegna si dice dunque “molto serena” e spiega che “la ‘forchetta’, a quanto ci risulta, è tra i 1450 e i 1600 voti, considerando tutte le sezioni scrutinate. Un dato ben lontano – sottolinea ancora – dai 200 di cui sento vagheggiare”. 

 

 

AGI – Favorire l’accesso alle cure attraverso la riorganizzazione della medicina territoriale e tracciare una mappa delle aree idonee per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono fra le priorità della presidente in pectore della Regione Sardegna, Alessandra Todde. A queste si aggiungono misure in vista della prossima stagione turistica alle porte. Ma in cima a tutte c’è la madre di tutte le riforme, quella di una legge regionale risultata intoccabile negli ultimi 47 anni: la n.1 del 1977, quella che disciplina l’organizzazione amministrativa della Regione sarda, le competenze della Giunta, della presidenza e degli assessorati. Negli ultimi dieci anni l’avevano annunciata sia l’amministrazione di centrosinistra guidata da Francesco Pigliaru, anche con proposte di legge depositate in Consiglio regionale, sia la Giunta uscente di centrodestra, presidente Christian Solinas, ma senza successo. Da chi conosce le difficoltà della macchina regionale, quella riforma è considerata cruciale per farla funzionare con efficienza e al passo coi tempi, considerato che la struttura del 1977 non è più adeguata.

 

“Dobbiamo dotarci di strumenti che ci consentano di poter governare la Regione, che rimodellino la struttura degli assessorati e il rapporto con gli enti locali”, ha annunciato Todde. “Dobbiamo subito metterci a ragionare su questo, altrimenti quello su cui ha peccato di più la Giunta uscente – cioè la programmazione, la progettazione – noi non riusciremo a risolverlo subito”. Solinas, nelle sue dichiarazioni programmatiche all’Assemblea sarda nel maggio 2015, aveva prospettato il superamento sia della legge 1, quindi dell’organizzazione degli attuali 12 assessorati, sia della legge 31 del 1998 che riguarda la struttura degli uffici della Regione. Alcune integrazioni e parziali modifiche furono apportate nel 2021 con la contestata legge sui ‘superstaff’ della Presidenza e della Giunta regionale, ribattezzata dalle opposizioni di centrosinistra e dal M5S ‘Legge poltronificio’, per la moltiplicazione degli incarichi apicali di natura fiduciaria che ha consentito.  Per approvarla ci vollero due mesi di conflitti e tensioni in Consiglio regionale, con la minoranza che arrivò a occupare l’Aula per contrastala. 

 

La legge del 1977, secondo il segretario del Pd sardo Piero Comandini, vicepresidente uscente del Consiglio regionale e rieletto il 25 febbraio scorso, “ingessa l’azione amministrativa”. “Cambiarla dovrà essere una priorità dei primi 100 giorni di governo”, sottolinea Comandini, “in modo da rendere la macchina regionale più snella, più accessibile ai cittadini. Da qui bisogna partire per tutto il resto. In passato non c’era abbastanza consapevolezza dell’importanza di questa riorganizzazione. E nella scorsa legislatura non si è fatta la riforma per la litigiosità all’interno della maggioranza di centrodestra”. Altro nodo che la presidente in pectore si è impegnata a sciogliere è quello dell’attuale legge statutaria elettorale che taglia fuori le forze politiche minori e meno strutturate e non riconosce una rappresentanza adeguata ai territori e alle donne, che sono la maggioranza dell’elettorato e che quest’anno, a differenza del 2019, hanno superato gli uomini fra i votanti: con 380.837 su 370.459, le elettrici ai seggi sono stati 10 mila in più rispetto agli elettori.

 

“La mia Giunta si distinguerà per competenze e capacità, perché noi vogliamo essere efficaci”, ha annunciato Todde nella sua prima conferenza stampa dopo il voto. “L’abbiamo promesso ai nostri elettori che si aspettano un cambiamento profondo. La cosa più importante è trovare figure che possano incarnare competenze riconosciute e riconoscibili per il lavoro che dovranno fare”. La prossima settimana, ancora prima della proclamazione degli eletti, sono previsti i primi incontro fra Todde e le forze politiche della sua maggioranza. “Una priorità assoluta per me”, ha anticipato la neo presidente, “è fare in modo che finisca la speculazione energetica in Sardegna. Partendo con una moratoria che sostenga la situazione che si è creata e lavorare sulla mappa delle aree idonee sarà una delle prime cose da affrontare immediatamente. La Sardegna non è una colonia. Inoltre, farò tutto quello che posso affinché il deposito delle scorie nucleari stia lontano dalla Sardegna”. 

AGI – Una manifestazione a favore della causa palestinese ha bloccato all’Art gallery Ontario di Toronto la partecipazione del primo ministro canadese Justin Trudeau e della premier Giorgia Meloni all’evento organizzato dal governo canadese a cui erano presenti esponenti della comunità italo-canadese, costringendo Troudeau ad annullare la partecipazione con la premier italiana. Alcuni manifestanti a sostegno della causa palestinese si erano radunati davanti all’Art gallery bloccando l’ingresso con cartelli e striscioni mentre arrivavano i rappresentanti della comunità italocanadese. Il ricevimento è cominciato ma senza Meloni e Trudeau.

La premier Giorgia Meloni, a seguito dell’annullamento dell’evento a Toronto, ha contattato telefonicamente i rappresentanti della comunità italiana per portare i suoi saluti. 

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