AGI – Dopo settimane di confronti fra fughe in avanti e frenate, la scelta del centrosinistra è caduta su un medico oculista di 66 anni: Domenico Lacerenza. Una scelta che tiene dentro il perimetro del campo largo la lista “Basilicata Casa Comune”, nata attorno alla candidatura di Angelo Chiorazzo, ma si priva di Azione. Che Carlo Calenda fosse ormai lontano dal resto delle forze di opposizione era apparso chiaro nelle scorse ore, quando il leader di Azione aveva messo in campo il nome dell’ex Pd Marcello Pittella, ma senza chiudere all’ipotesi di sostenere il governatore di centrodestra uscente Vito Bardi. Al termine della riunione, alla quale hanno partecipato gli ‘ambasciatori’ locali delle forze politiche con qualche ‘incursione’ dei leader, una nota congiunta annunciava: “La formazione civica ‘Basilicata Casa Comune’, il Pd, il M5S, AVS e +Europa hanno chiesto di comune accordo al dottor Domenico Lacerenza – profilo di alto spessore professionale, già Direttore del Dipartimento di chirurgia dell’ospedale regionale ‘San Carlo’ di Potenza – di offrire la sua disponibilità quale interprete di un solido progetto politico e sociale per imprimere una svolta nell’amministrazione della Regione Basilicata”.
Una candidatura nata su alcuni temi qualificanti della coalizione, il primo dei quali prevede di offrire “una sanità di qualità a tutti i cittadini lucani: una sfida essenziale per rilanciare un territorio che ha sofferto profondo disagio per ciò che attiene la fruizione del diritto alla salute e il diritto alle cure”, viene spiegato. Fondamentale per arrivare all’accordo è stato il passo indietro di Angelo Chiorazzo che le forze politiche del campo progressista ringraziano per essersi “reso disponibile a impegnarsi in prima persona per questa sfida, per la sua disponibilità a offrire il suo contributo nell’individuazione, di comune accordo, di un candidato unitario. Al dottor Lacerenza, che ha accettato con entusiasmo questa sfida, va il nostro ringraziamento, certi di poter offrire alla intera comunità lucana una alternativa di governo, costruita su basi serie, concrete, credibili”. La giornata di ieri si era aperta con una nuova ridda di nomi di potenziali candidati, in cui spiccava quello di Viviana Cervellino, sindaca di Genzano di Lucania. Un nome ‘bruciato’ in poche poche ore come era accaduto anche per quello di Nicola Valluzzi, sindaco di Castelmaggiore che, all’ora di pranzo, riferisce di di essere stato contattato da Davide Baruffi, responsabile Enti Locali del Pd che ha portato avanti, assieme al titolare dell’organizzazione Igor Taruffi, la pratica Basilicata.
Prima di lui erano stati messi sul tavolo i nomi di Piero Marrese, sindaco di Montalbano Jonico e presidente della Provincia di Matera, e Piero Lacorazza, ex presidente del consiglio Regionale. L’unico punto su cu tutti sembravano d’accordo era la necessità di decidere in fretta. La dead line per la presentazione delle liste è il 22 marzo, fra meno di nove giorni. Il rischio di farsi trovare impreparati e affrontare la campagna elettorale all’inseguimento della destra è concreto. Tra i dem si invita a non caricare di aspettative la sfida lucana come fatto con l’Abruzzo. Il ragionamento è che si tratta di un voto locale e non di un test nazionale. Il nodo è rappresentato dalla determinazione di Chiorazzo a restare in campo e dalla necessità di tenere insieme tutte le forze di opposizione. Il gioco dei veti incrociati, tuttavia, è partito da giorni e le dichiarazioni di Carlo Calenda, che spinge su Marcello Pittella tenendo la porta aperta alla possibilità di sostenere all’ultimo momento Bardi, non aiutano. Anzi, vengono recepite con un certo stupore e anche un po’ di fastidio dai dirigenti di Pd, M5s e Avs che si stanno occupando del dossier. Poi Calenda torna sul nome di Angelo Chiorazzo: “C’è Chiorazzo? Andiamo su Chiorazzo, anche se ha dei problemi oggettivi”, incalza il leader di Azione. E non è chiaro se Calenda, quando parla di problemi oggettivi, si riferisca al fatto che M5s e Avs hanno già manifestato le loro riserve sull’imprenditore attivo nel Terzo Settore. Per Calenda, comunque, la palla è in mano al Pd ed è alla segretaria dem che chiede di fare presto. Durante una telefonata, Calenda le propone di “aprire una discussione, ma molto rapidamente, sennò finiamo che siamo senza candidato”. E se i Cinque stelle non sono d’accordo, sia il Pd a “dire di no ogni tanto”, aggiunge. Calenda incalza Schlein, Nicola Fratoianni incalza Calenda. L’esponente di Alleanza Verdi e Sinistra mostra di non apprezzare l’atteggiamento del potenziale alleato che si esprime a sostegno di Pittella, aprendo poi a Chiorazzo, senza chiudere a Bardi.
“Calenda cambia idea un numero imprecisato di volte al giorno. Io rimango convinto che sia necessario costruire un’alternativa a questa destra e Alleanza Verdi Sinistra, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle possono costruire il nucleo di questa alternativa. A chi cambia idea ogni giorno dico: prima decida dove vuole andare”. Un perimetro che non dispiacerebbe nemmeno al M5s: il partito di Giuseppe Conte non ha ancora elaborato la sconfitta abruzzese, ma alcuni parlamentari Cinque Stelle attribuiscono alla presenza di Azione buona parte dei voti persi nella regione. Una questione politica, più che di perimetro. Perchè i Cinque Stelle, così come Sinistra Italiana, vedono una maggiore facilità di intesa in un dialogo a tre con il Pd, che non con il campo allargato ad Azione. E la dimostrazione sarebbe quanto accaduto in Sardegna, come sottolinea Fratoianni. Schlein, da parte sua, continua a predicare unità: “Cerchiamo un progetto credibile e vogliamo raccogliere il più possibile le forze alternative a questa destra”, dice la segretaria. Alla fine lo schema è quello sardo, con l’aggiunta di +Europa.
AGI – E’ Domenico Lacerenza, 66 anni, il candidato presidente del centrosinistra alle prossime elezioni regionali in programma il prossimo 21 e 22 aprile. Pd e M5S hanno raggiunto in serata un accordo. Lacerenza è direttore della Struttura interaziendale complessa di Oculistica dell’ospedale San Carlo di Potenza. Il medico, dunque, sarà il candidato alla Presidenza della Regione Basilicata che contenderà il posto da governatore a Vito Bardi, riconfermato dal centrodestra. “Mi sento responsabilizzato è stato il primo commento di Lacerenza -. Sono onorato del fatto che abbiano ritenuto di puntare su di me e spero di essere all’altezza”.
❗️Elezioni Basilicata: c’è l’accordo nel campo largo. Domenico Lacerenza sarà il candidato di PD e M5S, si ritira Chiorazzo @ultimora_pol pic.twitter.com/oNJ30b7Y1v
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March 13, 2024
“La formazione civica ‘Basilicata Casa Comune’, il Pd, il M5S, AVS e +Europa hanno chiesto di comune accordo al dottor Domenico Lacerenza – profilo di alto spessore professionale, già Direttore del Dipartimento di chirurgia dell’ospedale regionale ‘San Carlo’ di Potenza – di offrire la sua disponibilità quale interprete di un solido progetto politico e sociale per imprimere una svolta nell’amministrazione della Regione Basilicata”. E’ quanto si legge in una nota congiunta. “L’agenda di governo regionale che propone questa coalizione, forte della candidatura di Lacerenza, prevede in primo luogo di offrire una sanità di qualità a tutti i cittadini lucani: una sfida essenziale per rilanciare un territorio che ha sofferto profondo disagio per ciò che attiene la fruizione del diritto alla salute e il diritto alle cure. Le forze politiche di questo campo progressista ringraziano Angelo Chiorazzo, in rappresentanza di “Basilicata casa comune”, che pure si era reso disponibile a impegnarsi in prima persona per questa sfida, per la sua disponibilita’ a offrire il suo contributo nell’individuazione, di comune accordo, di un candidato unitario. Al dottor Lacerenza, che ha accettato con entusiasmo questa sfida, va il nostro ringraziamento, certi di poter offrire alla intera comunita’ lucana una alternativa di governo, costruita su basi serie, concrete, credibili”.
“Siamo soddisfatti, per aver individuato un candidato che unisce il campo progressista e riformista”: così Giovanni Lettieri, segretario regionale del Pd lucano, all’AGI, commenta la scelta del centrosinistra di candidare Lacerenza alla presidenza della Regione Basilicata alle prossime elezioni. “Siamo felici di aver trovato una sintesi” conclude Lettieri.
Chiorazzo, “Lacerenza rappresenta una nuova storia”
“Il dialogo di questi giorni ci ha portati al risultato. Il lavoro condotto con la segretaria Elly Schlein e il presidente Conte e’ stato unito in modo virtuoso con il lavoro di semina condotto da Basilicata Casa Comune in questi mesi”. Così Angelo Chiorazzo, commenta la scelta del centrosinistra di candidare Domenico Lacerenza alla presidenza della Regione Basilicata, alle prossime elezioni del 21 e 22 aprile. “L’individuazione di Domenico Lacerenza come candidato presidente del campo progressista corrisponde alla scelta di un profilo civico fortemente impegnato nel sociale, di un profondo conoscitore della sanità lucana e dei suoi problemi, di una persona che ha ritenuto di mettere da parte la sua vita professionale per dare un servizio a questa terra. Tutto ciò è in linea con quella nuova storia che avevamo auspicato, proposto, chiesto. Ora ci attende un lavoro incessante – continua Chiorazzo – per quello che dal principio e’ stato l’unico vero obiettivo del mio impegno diretto in politica: offrire alla Basilicata una classe dirigente nuova e competente, capace di mettere la parola fine alla peggior esperienza di governo della storia della Basilicata, quella di Vito Bardi. Mettiamoci all’opera per risolvere i tanti problemi dei lucani e andiamo, tutti insieme, a vincere” conclude l’imprenditore di Senise (Potenza).
AGI – “La Costituzione è estremamente giovane perché è stata fatta con tanta saggezza da avere norme che si adattano a condizioni anche imprevedibili. Ci sono condizioni create nel corso dei decenni, allora non prevedibili, ma quelle norme hanno un’elasticità’ e una duttilità che si riferisce anche a fattispecie diverse. È materia per giovani, non per vecchi”. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha incontrato alcuni giovani creator al Quirinale per un dialogo sulla Costituzione dal titolo “La Costituzione in Shorts”. “Chi ha molto seguito tra i giovani ne influenza anche gli orientamenti, le scelte, il modo di vivere, di pensare. Questo lo rende in qualche modo responsabile del futuro dei suoi follower e quindi è sempre importante pensare a come viene tradotto, a come viene interpretato quel messaggio che si invia. Questo lavoro è prezioso per comunicare, rende più gradevole la vita, consente di interloquire, ma c’è sempre una domanda da porsi: come viene interpretato quello che ho detto?”, ha raccomandato incontrando la delegazione
Illustrando il progetto, il Capo dello Stato ha spiegato come “Vogliamo far avvertire ai giovani l’importanza della Costituzione. Ne ho parlato in Parlamento come di una cassetta degli attrezzi della nostra democrazia, ma è qualcosa di più grande, è uno scrigno che contiene e tutela i nostri diritti e le nostre libertà. Per questo è importante conoscerla, per usufruire di questi diritti e di queste libertà”. Mattarella, con l’aiuto del moderatore Fabio Rovazzi, vedrà i 12 short, minivideo postati sui social, incentrati ognuno su un articolo della prima parte della Costituzion
I creator invitati al Quirinale si occupano soprattutto di temi legati alla vita dei giovani e al sociale. Tra questi: Marcello Ascani, Lorenzo Baglioni, Virginia Benzi (Quantum girl), Giuseppe Bertuccio D’Angelo (Progetto Happiness), Elia Bombardelli, Loretta Grace (Grace on your dash), gli Heimi (Gianluca David Baroni, Alice Caimi, Camilla Caimi, Francesca Pivari, Pietro Pettenghi), Giulia Lamarca, Lokman, Pietro Michelangeli, Olimpia Peroni (Fanpage.it), Eleonora Tani (The Lady). Rivolgendosi ai 12 partecipanti, Mattarella ha infine ricordato che “i diritti vanno coltivati per evitare che appassiscono: non possiamo permettere che appassisca la democrazia”.
AGI – “Non penso, non dirò mai che le tasse siano una cosa bellissima, sono una cosa bellissima le libere donazioni, non i prelievi imposti per legge” ma il sistema fiscale “deve chiedere il giusto”, e deve usare il “criterio del buon padre di famiglia: buon senso e lungimiranza senza sprecare le risorse”. La premier Giorgia Meloni illustra, insieme al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e al viceministro Maurizio Leo, la riforma fiscale. L’Aula dei gruppi di Montecitorio è gremita di esponenti del governo e della maggioranza.
Il presidente del Consiglio sottolinea che la riforma “è fondamentale per lo sviluppo e il benessere” del Paese, “nonè’ solo un ammasso di regole ma uno dei perni attorno ai quali ruota il tessuto economico della nazione, uno degli strumenti attraverso i quali lo Stato può prosperare”. Ed ancora: è “al centro di questo governo”, servono “risposte coraggiose e strutturali”. La premessa è che “la certezza del diritto è la cifra fondamentale”. “Ci poniamo l’obiettivo di disegnare una nuova Italia”, rilancia il capo dell’esecutivo, “solo con una riforma organica” si può puntare “a uno dei nostri grandi obiettivi, che è quello della riduzione generalizzata della pressione fiscale, che grava su famiglie e imprese”.
“Uno Stato giusto e comprensivo – spiega Meloni – è uno Stato che non viene più percepito come un avversario, come un nemico, e di conseguenza non merita di essere raggirato. Questa è la scommessa culturale che abbiamo fatto e i dati ci dicono che funziona”, il fisco è “lo strumento con il quale lo Stato raccoglie le proprie risorse facendo funzionare la macchina e redistribuendo le risorse, come noi stiamo facendo, ai più poveri. Lo stato non deve opprimere le famiglie con un livello di tassazione ingiusto”. “Il Fisco viene visto ora come un alleato nella crescita e nello sviluppo”, sottolinea, le sanzioni “che avevamo erano vessatorie e inutili”.
La consapevolezza è che è “solo l’inizio di un percorso, lavoreremo per avere un fisco sempre più giusto”, c’è un orizzonte di fine legislatura per poter portare a termine il lavoro. Ma il ‘refrain’ è che “non abbiamo amici a cui fare favori, gli unici amici sono gli italiani onesti”, “il messaggio del governo” è che “non c’è spazio per fare il furbo ma chi è onesto e si trova in difficoltà merita di essere aiutato”. “Ci hanno accusato di voler aiutare le evasioni”, di condoni, tuttavia “a smentire queste accuse sono i numeri”: il 2023 è stato un anno record nella lotta all’evasione fiscale.
“Affrontiamo – osserva ancora Meloni – un momento storico particolarmente complesso a livello internazionale ma le crisi possono anche diventare un’occasione. Si tratta di una riforma attesa da 50 anni, la rivendico come le prime fatte dal governo”. “Sono molto fiera che – dice ancora la premier – sia questo il governo che sta mettendo ordine in una materia che per moltissimi anni si è preferito riporre in un cassetto perché era troppo complessa per essere affrontata”
AGI – Testa e cuore alle europee, senza fare di Piemonte e Basilicata la battaglia della vita. Nel Partito Democratico si moltiplicano le voci di dirigenti che chiedono alla segretaria di non ripetere l’errore fatto in Abruzzo, dove il voto regionale è stato “caricato di una aspettativa eccessiva”. Il risultato è che nella regione il partito ha raddoppiato il consenso e, nonostante questo, si trova a dover fare l’analisi di una sconfitta dell’alleanza, peraltro attesa.
I dati che arrivavano al Nazareno fino al giorno prima del voto e che parlavano di una rapida ripresa dei dem erano attendibili, come dimostrato anche dai numeri del voto di lista. Ciò che in pochi si aspettavano è il risultato deludente di M5s e Azione, partiti che messi l’uno accanto all’altro sembrano annullarsi. Certo, all’alleanza larga non c’è alternativa, come ripete Elly Schlein: “Avanti con il campo largo? Assolutamente si’ perché uniti si vince e a volte si perde pure, ma preferisco perdere con le coalizioni che non perdere perché ci si presenta divisi. Uniti si vince e si perde, ma divisi non si gioca nemmeno la partita”.
Concentrarsi sulle elezioni europee, dunque, dove ci si conta con il proporzionale e le preferenze, senza coalizioni. È li’ che si definisce il peso vero delle forze politiche. Per questo lo stato maggiore dem è concorde nello spostare la sfida alle destre dal voto regionale, locale e per molti versi civico, a quello europeo, più politico e di valore nazionale. Sulla propria candidatura la segretaria non ha sciolto la riserva, ma nessuno fra i dem dubita che il nome di Schlein sarà in lista. Da capire in quale posizione e se in tutte le circoscrizioni. Per il resto, le candidature sembrano ormai definite. Per non fare da ‘tappo’ alle candidature femminili, Schlein potrebbe candidarsi quarta o quinta in lista in tutte le circoscrizioni. Tra i ricandidabili si fanno i nomi del capodelegazione Pd Brando Benifei, della sua vice Elisabetta Gualmini, di Pietro Bartolo e Camilla Laureti. I dem sperano di portare in lista anche l’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquino. Nella circoscrizione Centro sono ai blocchi di partenza Nicola Zingaretti, Matteo Ricci e Dario Nardella. A questi nomi si aggiunge quello del braccio destro della segretaria al Nazareno, Marta Bonafoni. Nella circoscrizione Nord Ovest ci potrebbe essere Cecilia Strada accanto a Stefano Bonaccini, Emanuele Fiano e Pierfrancesco Maran. Spostando lo sguardo alla circoscrizione Nord Est, il responsabile diritti del Pd, Alessandro Zan, è sempre in pole per una candidatura. La segretaria, tuttavia, non sembra avere intenzione di accantonare il nodo regionali.
“È più determinata che mai a seguire la strada dell’unità delle opposizioni”, dicono i dirigenti più vicini a Schlein. Una strada lastricata di ostacoli, in Piemonte come in Basilicata. In Basilicata il nodo è tutto interno al Partito Democratico: il gruppo dirigente lucano, infatti, è fermo sul nome di Angelo Chiorazzo, imprenditore sostenuto inizialmente da Roberto Speranza, ma senza il placet di Cinque Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Un nome, viene spiegato da fonti parlamentari, in grado di portare voti sia dal centrosinistra che dal centrodestra moderato. Azione, se si concretizzare la possibilità di una candidatura di Chiorazzo, sarebbe pronta a sedersi al tavolo con il Pd. Per il momento, Calenda e i suoi promuovono il nome di Marcello Pittella. Senza pero’ escludere la possibilità di sostenere il presidente uscente e di centrodestra, Bardi: “Un moderato perbene, ma niente è deciso, tutto da verificare”, dice Calenda che sarà nel fine settimana in Basilicata per parlare con i suoi. La prima scelta di Azione, tuttavia, rimane Pittella.
“Lui le elezioni le ha già vinte”, spiega Matteo Richetti all’AGI, “Ma nella coalizione che hanno in testa Schlein e Conte non è previsto che il candidato non sia di loro espressione”. Forte dell’investitura ricevuta dalla direzione regionale del Pd appena dieci giorni fa, Chiorazzo ha ribadito a più riprese di non volere fare passi indietro. Chi si sta occupando da vicino del dossier, tuttavia, dice che il nome dell’imprenditore attivo nel Terzo Settore è praticamente superato. Per sciogliere il nodo, i dem contavano su Roberto Speranza, esponente che ha lavorato a stretto contatto con Giuseppe Conte ai tempi del governo giallorosso, con ottimi rapporti con Avs e, soprattutto, lucano doc. L’ex ministro della Salute, però, ha detto a più riprese di non avere intenzione di correre da presidente della Regione. L’incertezza di queste ore unita all’approssimarsi della dead line del 22 marzo, quando dovranno essere presentare le liste elettorali, sta provocando non pochi mal di pancia all’interno del perimetro dell’opposizione. Avs e Azione lamentano uno scarso coinvolgimento nel dossier della candidatura lucana.
“Quello che sappiamo lo leggiamo dalle agenzie”, lamenta un parlamentare: “Il Pd e il M5s sono ormai irreperibili”. A scandagliare fonti parlamentari, una delle piste percorribili potrebbe essere quella che porta a Piero Marrese, sindaco di Montalbano Jonico già presidente della Provincia di Matera. Un altro nome che viene fatto è quello di Piero Lacorazza, consigliere regionale e già presidente della provincia di Potenza. Ma nelle ultime ore, fonti lucane del Pd hanno accennato anche alla possibilità di convergere su Giacomo Lasorella, presidente Agcom e già vicesegretario generale della Camera dei Deputati.
AGI – “Sono molto corteggiato. Ma Calenda probabilmente conosce più di me il mio futuro”. Lo ha detto il generale Roberto Vannacci, dialogando con Carlo Calenda a Di Martedi’ su La7, parlando della sua possibile candidatura alle elezioni europee.
Calenda ha affermato di sperare che Vannacci “non si candidi con Salvini perché Salvini è una persona che nel Parlamento europeo ha detto ‘io darei indietro due Mattarella per mezzo Putin e l’idea che un generale che giura con la sua Costituzione, che riconosce nel presidente della Repubblica anche il capo delle forze armate” si candidi con una persona “che può dire una cosa del genere, a me dispiacerebbe per lei, per quello che ha fatto nella sua vita”.
AGI – Un miliardo di investimenti sull’intelligenza artificiale per la quale deve esistere “una via italiana allo sviluppo”. È quanto affermato dalla premier Giorgia Meloni in un video-messaggio al convegno “L’intelligenza artificiale per Italia”. La presidente del consiglio ha poi annunciato che il Governo sta predisponendo “un provvedimento di legge che ha come obiettivo quello di stabilire alcuni principi, determinare le regole complementari a quelle del regolamento europeo che è in via di approvazione e individuare le misure più efficaci per stimolare il nostro tessuto produttivo”.
“Noi eravamo abituati a un progresso che aveva come obiettivo soprattutto quello di ottimizzare le capacità umane e che si concentrava essenzialmente sulla sostituzione del lavoro fisico, in un mondo nel quale l’uomo rimaneva comunque al centro e poteva anzi concentrarsi sui lavori di concetto, sui lavori di organizzazione. L’intelligenza artificiale ha ribaltato questo paradigma – ha osservato – perchè a essere soppiantato oggi non è più il lavoro fisico, ma rischia di essere l’intelletto umano, ovvero ciò che da sempre ha reso l’uomo insostituibile rispetto a una macchina, insostituibile da una macchina”.
“L’intelligenza artificiale è la più grande rivoluzione di questo tempo, ed è anche la principale sfida che abbiamo davanti, dal punto di vista antropologico, dal punto di vista economico, dal punto vista produttivo e sociale”, osserva la premier. “È una tecnologia – ha osservato la premier – che può sprigionare tutto il suo potenziale positivo solo se il suo sviluppo si muoverà in un perimetro di regole etiche che mettano al centro la persona, i suoi diritti e i suoi bisogni. Questa è la bussola che ha orientato e continuerà a orientare il nostro lavoro, a ogni livello. A partire chiaramente dalla Presidenza del G7”.
“In questa sfida, il Governo ha scelto – aggiunge il presidente del Consiglio – di avvalersi di un Comitato composto dai migliori esperti italiani che in questi mesi hanno lavorato con grande competenza per definire un documento di supporto alla definizione della Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale, che è il documento dal quale noi partiamo per fare il lavoro che stiamo portando avanti. Il Comitato ha dato un contributo straordinario e, per questo, voglio ringraziare tutti i suoi componenti che intendo ricevere presto a Palazzo Chigi”.
“Anche in virtù di questo apporto, il Governo sta predisponendo un provvedimento di legge che ha come obiettivo quello di stabilire alcuni principi, determinare le regole complementari a quelle del regolamento europeo che è in via di approvazione e individuare le misure più efficaci per stimolare il nostro tessuto produttivo. E, inoltre, stiamo lavorando per individuare l’organismo più idoneo a svolgere le funzioni di Autorità competente sull’uso delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale”.
“Il sistema Italia ha bisogno che si parta dai grandi campioni di questa nazione – ha detto – e per questo voglio ringraziare Cdp – e segnatamente Cdp Venture Capital – perchè grazie al loro impegno sarà possibile investire un miliardo di euro sull’IA, sia creando un nuovo fondo di investimento specializzato sull’IA, sia usando fondi di investimento già attivi ma che coinvolgono questa tecnologia. È un meccanismo che chiaramente parte per fare moltiplicatore e che serve ad attirare ulteriori investimenti”.
“Il Governo chiaramente farà tesoro dei vostri contributi, delle vostre proposte”, ha aggiunto Meloni. “Io farò tesoro dei vostri contributi, delle vostre proposte, soprattutto nel mio ruolo di Presidente del G7: sapete che l’Italia ha scelto di portare proprio il tema dell’intelligenza artificiale e del suo sviluppo, del suo governo come questione centrale durante la propria presidenza italiana. E chiaramente fino ad allora – e oltre – dovremmo continuare a confrontarci perchè è dal confronto e dal dibattito delle idee che arrivano sempre le soluzioni più efficaci e innovative ai problemi del nostro tempo”.
La presidente del Consiglio è convinta “che possa e debba esistere una via italiana all’intelligenza artificiale, una via italiana allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, una via italiana al governo dell’intelligenza artificiale. Possiamo costruire questa strada solo attraverso un forte sostegno alla ricerca, alla sperimentazione, a quelle realtà produttive che in Italia già esistono – ha concluso – ma che hanno ovviamente bisogno di essere valorizzate per diventare più forti e più competitive”.
AGI – Il campo dei progressisti? Certo come prospettiva resta, ma la riflessione sul “campo giusto”, come da sempre Giuseppe Conte lo ha individuato, rimane non solo la bussola, la strada maestra da seguire, ma necessita di una riflessione, sempre più evidente, da parte di chi ci sta. Il giorno dopo la sconfitta della coalizione in Abruzzo, con la lista del Movimento che ha totalizzato il 7%, il tema dell’astensione che si è registrata durante quest’ultima tornata elettorale torna centrale tra i pentastellati.
Se nel rapporto con il Pd, con cui il dialogo è e resta aperto, non cambia nulla, guai a ragionare, parlando di coalizioni fra progressisti – e fermo restando che la priorità è il progetto su cui fondare l’unione – solo in termini numerici. L’Abruzzo ne è una dimostrazione. Allargare la platea dei partiti non significa diventare più forti. La base dei 5 stelle ne è convinta.
Tra gli attivisti, l’umore si può sintetizzare così: ‘come fa la gente a capire che noi stiamo con Iv di Renzi e con Azione di Calenda che, soprattutto lui, nell’ultima settimana ci ha attaccato sui nostri cavalli di battaglia, dal Superbonus alla politica estera? Dal Pd arriva l’invito a farli partecipare. Noi ci ragioniamo, anche perché sul territorio ci sono esponenti loro con cui parliamo. Ma gli attacchi? Agli occhi della nostra gente rischiamo di passare per schizofrenici. Ecco perché qualcuno non ci ha votato, la riflessione che circola.
Un discorso, questo, che ha trovato grande ascolto anche nella sede di Campo Marzio, dove i vertici del Movimento non sono rimasti “indifferenti” alla “scontrosità” dimostrata da Calenda e dove la scelta dei compagni di viaggio “affidabili” viene ribadita come necessità non eludibile. Nessuna chiusura su alcuni nomi o su persone o su determinate formazioni, certamente, ma idee chiare sui patti che bisogna stringere sui progetti innanzitutto e sulla condivisione dei percorsi.
Di fronte, intanto, c’è ancora la competizione in Basilicata e anche lì bisognerà continuare a stare al tavolo dei progressisti ma, si osserva ancora, senza indietreggiare dai principi nelle scelte da fare.
Per M5s, si pone poi un’altra questione. La indicano così alcuni che al Movimento 5 stelle si dedicano fin dagli esordi: ‘abbiamo pagato la nostra coerenza sul terzo mandato. In Abruzzo, vuoi che candidare un Gianluca Castaldi ( già parlamentare e dunque, da statuto, non in corsa per un altro incarico) non ci avrebbe portato quei settemila voti in più? Non la vittoria del centrosinistra ma avrebbe diminuito lo scarto.
Il leader del M5s, Giuseppe Conte, oggi ha parlato in chiaro: “La comunità abruzzese con il suo voto ha dato un segnale chiaro, riconfermando il Presidente uscente. Ho appena sentito Marsilio per augurargli buon lavoro per il bene dell’Abruzzo. Ringrazio Luciano D’Amico per il gran lavoro fatto: un candidato serio e competente, con cui dall’opposizione continueremo a porre le basi per i progetti su sanità, ambiente e rilancio tessuto produttivo. Marcheremo a uomo, per il bene dell’Abruzzo, la nuova Giunta e il governo Meloni affinché vengano rispettate le mirabolanti promesse fatte da Meloni e Ministri negli ultimi giorni della campagna elettorale. Registriamo il risultato modesto del Movimento 5 stelle, che ci spinge a lavorare con sempre più forza sul nostro progetto di radicamento nei territori, per convincere a impegnarsi e a partecipare soprattutto i troppi cittadini che non votano più”.
“Dobbiamo farlo – ha detto ancora – sulla scia della vittoria ottenuta in Sardegna, che ci ha portato qualche giorno fa a eleggere la prima presidente di Regione M5s della storia, Alessandra Todde. Un segnale da cui ripartire”.
AGI – La vittoria in Abruzzo ricompatta il centrodestra. La riconferma di Marco Marsilio alle regionali di domenica serve alla coalizione di governo per archiviare come parentesi l’errore della sconfitta in Sardegna il 25 febbraio. E per stemperare tensioni, divisioni e sospetti. La promessa di una maggiore collaborazione e unione è il piatto forte di un pranzo tra i leader – Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi – che si tiene prima della riunione del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. Svanito il pericolo dell’effetto Sardegna evocato dalle opposizioni, il clima è disteso e, dopo il pranzo, l’ordine di scuderia diramato dai leader all’interno dei rispettivi partiti è di evitare qualsiasi polemica con gli alleati, e cercare il massimo della cooperazione in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.
Anche perché in vista delle prossime regionali, in Basilicata, il centrosinistra si sta organizzando ed è in via di chiusura l’accordo per un candidato condiviso che sfidi il governatore uscente di Forza Italia, Vito Bardi. E la partita della Basilicata è vista nel centrodestra in realtà come più complicata di quanto sia stata percepita nelle scorse settimane quella dell’Abruzzo.
L’esito elettorale di domenica notte era largamente atteso nel centrodestra, la vittoria di Marsilio ma anche il boom di FI, forse l’unico dato sopra le aspettative. Anche il 7,56% della Lega era la percentuale che il partito di Matteo Salvini si attendeva dalle urne. Ad agitare la coalizione di governo, in realtà, sono stati alcuni sondaggi a ridosso del voto e le anticipazioni dei primi exit poll arrivati nelle sedi delle segreterie di partito nel pomeriggio di ieri, che davano Luciano D’Amico vicinissimo o addirittura sopra a Marsilio. Ma il secondo exit poll e tutte le successive proiezioni hanno confermato il risultato che Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega si attendevano da settimane. E fatto, quindi, tirare un sospiro di sollievo a tutti.
Viene considerata non altrettanto in discesa, invece, la partita lucana. Da qui l’ordine di evitare polemiche, di fare squadra, stemperare le rivalità e mostrarsi tutti compatti in vista del voto del 21 aprile. Rivalità e competizione che, seppur negate, restano, soprattutto in vista del grande appuntamento elettorale dell’anno: le Europee di giugno.
Complice anche il sistema elettorale proporzionale, davanti alla sfida dell’8 e 9 giugno, ogni partito tenderà a far per sè e il rischio è che la conflittualità interna alla maggioranza riemerga con forza, dopo il voto lucano. In election day con le europee si terranno anche le Amministrative, e oggi si è nuovamente riunito il tavolo di coalizione per la scelta delle candidature nei piccoli Comuni.
Nel suo primo commento, intorno all’ora di pranzo, Salvini ha dribblato ogni riferimento al sorpasso di FI, sottolineando come la Lega abbia fatto meglio dei 5 stelle. “Bella vittoria del centrodestra, con un buon risultato per la Lega che supera i 5 stelle e sinistra malamente sconfitta”, ha scritto il segretario leghista. “A dispetto dei profeti di sventura, grazie Abruzzo, avanti col nostro buongoverno per altri cinque anni”, ha aggiunto.
Malgrado il capo di via Bellerio tenda a non sottolinearli, nel suo partito, pesano i rinnovati rapporti di forza nel centrodestra (ribaltati rispetto alle passate regionali, del 2019, quando la Lega era 27,5%, FI al 9% , FdI al 6,5%). In Abruzzo, il sorpasso di FI sulla Lega non solo è una conferma – c’era già stato alle Politiche del 2022 (FdI 27,9% FI 11,1% e Lega 8,1%) – ma si accentua in questa tornata elettorale (FdI 24,1%, FI 13,44% e Lega 7,56%).
Tajani si è detto molto soddisfatto del risultato, che è andato anche oltre le già rosee aspettative, anche grazie a liste forti, curate dal presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Nazario Pagano. A giudizio del neo segretario di FI, il successo elettorale di FI è la prova che sta funzionando la strategia intrapresa, volta a “rafforzare il centro all’interno del centrodestra”. A chi ha avuto modo di parlare con lui, Tajani ha oggi più volte citato con orgoglio l’intervista rilasciata dal sindaco dem di Milano Beppe Sala che ha riconosciuto il ruolo di FI nella coalizione (“La fortuna del centrodestra è che hanno Forza Italia che garantisce una tenuta sul centro e sulla parte moderata, che in questo momento manca a noi”, ha detto Sala).
I nodi da sciogliere in Via Bellerio
Quanto alla Lega, in via Bellerio, si accoglie il 7,56% come un risultato più o meno atteso, di sostanziale tenuta. E si confida di confermare una percentuale più o meno simile in Basilicata (dove alle Politiche i leghisti presero il 9%) anche grazie all’attivismo dell’ex senatore Pasquale Pepe (che a lungo avrebbero voluto candidare al posto di Bardi). Anche tra gli alleati nessuno recrimina alcunché ai leghisti, c’è chi temeva addirittura un risultato peggiore.
Certo, il fatto che il sorpasso di FI sia ormai un ‘trend nazionale’ non fa piacere agli ex lumbard. Ancora aperta la partita del terzo mandato dei governatori e, quindi, della ricandibilità di Luca Zaia e Attilio Fontana, attorno ai quali il capo leghista avrebbe intenzione di erigere due fortini perchè ne va della tenuta del partito. Alcuni ‘big’ leghisti continuano a interrogare se, visti i successi degli azzurri, vale ancora la pena di mantenere la linea ‘a destra di Meloni’ come deciso da Salvini o se non sia meglio spostarsi su posizioni più moderate in vista delle Europee.
Entro il 22 aprile bisogna poi consegnare i simboli con cui correre a Strasburgo e qualcuno comincia a chiedersi se sia il caso di togliere ‘Salvini premier’ e aggiungere qualcosa di più consono alla battaglia europea. Entro il primo maggio dovranno poi essere consegnate le liste. Salvini ha chiesto ai governatori più popolari di candidarsi alle Europee per far salire i consensi in un momento di difficoltà. Ma Zaia, Fontana e Fedriga non si sono detti disponibili finora. Nei prossimi giorni si riaprirà il dibattito, in attesa della risposta anche del generale Roberto Vannacci.
AGI – L’Abruzzo riconferma Marco Marsilio (centrodestra) alla guida della regione. Quando restano da scrutinare 99 sezioni su 1634, il vantaggio di Marsilio al 53,42% è incolmabile. Lo sfidante Luciano D’Amico (centrosinistra) si ferma al 46,58%. È la prima volta che l’Abruzzo riconferma un Governatore in carica. Marsilio ha costruito la sua vittoria nella provincia dell’Aquila, dove ottiene il 61,14%. Più’ equilibrato il risultato nelle altre province: Marsilio ottiene il 51,49% nella provincia di Pescara, il 51,26% nella provincia di Chieti e soccombe con il 49,67% nella provincia di Teramo.
Bene Pd e FI, crolla M5s, male Azione, che paga la scissione con Italia viva. La vittoria del Presidente di centrodestra Marco Marsilio (finora scrutinato il 94% delle sezioni) vede FdI come primo partito in Abruzzo. L’affluenza si ferma al 52,2%, in calo dello 0,91% rispetto alle precedenti regionali del 2019.
- Fdi: è il primo partito con il 24,05%. Nel 2019 ebbe il 6,5%, alle politiche del 2022 il 27,9%. La lista Marsilio Presidente ottiene il 5,78%.
- Pd: ottiene un lusinghiero 20,39%. Nel 2019 ebbe l’11,1%, nel 2022 il 16,6%. La lista D’Amico Presidente ha il 7,69%.
- FI: ha il 13,26%. Nel 2019 ebbe il 9%, nel 2022 l’11,1%.
- Lega: ottiene il 7,62%. Nel 2019 ebbe il 27,5%, nel 2022 l’8,1%
- M5s: male il partito di Conte che si ferma al 6,94%. Nel 2019, correndo in solitaria, ebbe il 19,7%. Nel 2022 il 18,5%.
- Azione: ha il 3,98%. Nel 2022 con Italia viva ebbe il 6,3%.
- Avs: ottiene il 3,61%. Nel 2019 Leu ebbe il 2,8%. Nel 2022 Avs ebbe il 2,7%.
- Noi moderati: ha 2,73% dei voti. Nel 2022 ebbe lo 0,7%.
- Udc: ha l’1,21%. Nel 2019 ebbe il 2,9%.
“Marco Marsilio è il primo Presidente nella storia dell’Abruzzo a essere riconfermato dagli elettori per un secondo mandato. Ed è per noi motivo di grande orgoglio che i cittadini abruzzesi abbiano voluto continuare a dargli fiducia, e con lui a dare fiducia al Centrodestra, che si conferma maggioritario. È una fiducia che, come sempre, non tradiremo. Continueremo a lavorare per restituire all’Abruzzo e all’Italia il posto che meritano. Grazie!”. Così in un post social, il presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni.
I festeggiamenti di Marsilio
Esordisce, accolto da vera e propria calca del ‘circo mediatico’, spiegando che “avevo anticipato che oggi l’unica sarda a festeggiare sarebbe stata mia moglie”, allusione alla campagna in trasferta di Alessandra Todde, e annuncia che “avevo detto anche entro le due li avremmo mandati a dormire con 10 punti di distacco”. Marco Marsilio parla nella notte fuori del suo Comitato elettorale e ‘chiama’ la vittoria, sottolineando che la prima conferma di un presidente uscente della Regione Abruzzo “è un privilegio per cui rivolgo un profondo ringraziamento agli abruzzesi”. “È caduto un altro muro”, rivendica.
“Il popolo abruzzese ha scelto di conferirmi l’onore di guidare la regione per altri 5 anni. Mai nei 30 anni precedenti un’amministrazione uscente era stata riconfermata per un secondo mandato. È stata scritta una pagina di storia e abbattuto un altro muro”
“Il campo largo non era il futuro dell’Abruzzo e non sarà neanche quello del Paese”, sottolinea l’esponente FdI. “Qualcuno ci ha sottovalutato e ancora a mezzanotte parlava di un testa a testa che non è mai esistito se non nei sogni di chi ha provato a raccontare un altro Abruzzo, non quello che hanno scelto gli elettori”.
Affluenza al voto più bassa di sempre
È la più bassa di sempre l’affluenza al voto, pari al 52,2%, registrata oggi in Abruzzo. Nel 2008 gli abruzzesi tornarono al voto dopo la caduta della Giunta per alcuni arresti legati all’inchiesta sulla sanità e, nonostante un clima di sfiducia verso la politica, si registrò il 52.98%. Nel 2014 invece l’affluenza raggiunse il 61.57%, mentre tra il 1970 e il 1980 le percentuali erano state sopra l’80%.