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AGI – Singapore, Tokyo, Nuova Delhi e Seul. Mai prima d’ora in queste metropoli è stato possibile apprezzare una mostra completa sull’arte contemporanea italiana, dal ‘900 a oggi. L’impresa è riuscita al nostro ministero degli Esteri, l’unico al mondo a essersi trasformato nel giro di vent’anni in un ‘museo’ che tutti ci invidiano.

Dalla Collezione Farnesina, che conta quasi 700 opere esposte nella sede del ministero, ne sono state scelte una settantina per “La Grande Visione Italiana”, mostra che ha appena concluso il suo primo tour asiatico registrando un successo oltre qualsiasi aspettativa. 

Fra le opere in mostra – ora dirette a New York, nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite – vi sono pezzi realizzati da artisti celeberrimi come Carla Accardi, Mimmo Jodice e Michele Pistoletto, solo per citarne alcuni. Sono un “campione” della ben più vasta ‘Farnesina Gallery’, la ricca e dinamica collezione d’arte del ministero degli Esteri che tutto il mondo c’invidia.

Il successo del tour asiatico de “La Grande Visione”, tuttavia, non sarebbe stato possibile senza una altrettanto grande visione: l’innovativo progetto portato avanti nel tempo con passione e tenacia, dall’ex segretario generale della Farnesina, l’ambasciatore (oggi a riposo) Umberto Vattani.

Ai microfoni di AGI, Vattani, il fondatore della Collezione, ha spiegato come è nata e in che contesto si è sviluppata l’idea di raccogliere alcune opere-manifesto della nostra arte contemporanea per esporle nel palazzo che dal 1959 ospita il ministero degli Esteri.

La Collezione Farnesina sta veicolando l’immagine dell’Italia contemporanea nel mondo. Da dove prese le mosse il progetto iniziale? 

“Nel 1986 mi trovavo a Londra, dove era in preparazione la visita di Stato dell’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, una visita molto importante e impegnativa. Lo andai a trovare al Quirinale per proporgli, tra l’altro, di regalare qualcosa di più originale dei soliti doni che si fanno in queste situazioni. Gli proposi di regalare una fontana italiana con una scultura visto che la nostra arte contemporanea non era ancora molto conosciuta. Cossiga trovò l’idea stravagante ma non si oppose. Feci allora in modo di portare la fontana che aveva come punto focale una statua, la Nereide, di Emilio Greco. Fu sistemata non lontano dalla nostra ambasciata, di fronte allo storico Hotel Connaugh, al centro di Carlos Place, dove tutt’ora si trova. Gli inglesi l’hanno ribattezzata la fontana degli italiani, cosa che ovviamente non può che farci piacere. Nello stesso anno incontrai il critico Maurizio Calvesicuratore in quell’anno della biennale di Venezia. Gli raccontai in quell’occasione quello che avevamo fatto a Londra e da allora si interessò sempre alle nostre iniziative. Due anni dopo, in occasione dell’anniversario del piano Marshall, suggerii alla Presidenza del Consiglio di portare una scultura italiana, questa volta di Arnaldo Pomodoro a Los Angeles, dove Cossiga avrebbe incontrato il presidente Ronald Reagan. Anche li’ la proposta sorprese ma nessuno si oppose: la statua, considerata una delle più suggestive di Pomodoro, si trova tuttora sullo specchio d’acqua, a fianco del teatro dell’opera.

Quando è rientrato al ministero, alla fine degli anni ’90 però succede qualcosa di particolare…
Quando tornai in Italia dalla Germania, una decina di anni dopo, trovai il Palazzo della Farnesina disadorno, così come lo avevamo ereditato dal 1959, quando il ministero fu trasferito dal centralissimo Palazzo Chigi, davanti a una colonna millenaria, al di là del Tevere, in quella che sembrava a molti una periferia. Quel trasferimento deluse profondamente i diplomatici che si sentirono quasi ‘declassati’. Di conseguenza non fecero nulla per abbellire un palazzo che, abbastanza evidentemente, era un edificio del Ventennio, semplice e dalle geometrie razionali. Nel 1997, al mio rientro si trovava anche in una stato piuttosto degradato con i marmi delle facciate scuriti e completamente disadorno. Decisi di parlarne con il capo della diplomazia di allora, Lamberto Dini, facendo presente l’importanza di darci un’immagine più nuova e al passo coi tempi. “Chi entra qui non può che pensare al passato e a un passato neppure tanto entusiasmante…possiamo fare di meglio, gli dissi, suggerendo d’inserire opere di artisti italiani contemporanei come avevo fatto in altre città del mondo. Il problema sollevato da Dini fu subito inerente all’assenza di una voce in bilancio per acquistare opere d’arte. Effettivamente non lo avevamo, ma avevamo buoni rapporti con tanti artisti che avremmo potuto convincere a prestare opere …Così andai da Pietro Consagra chiedendo se ci prestava una scultura, poi chiesi un paio di tele a Piero D’Orazio, ad Accardi, a Perilli e a tanti altri ancora. Una volta esauriti i contatti chiesi aiuto allo stesso Calvesiche avevo incontrato a Venezia nell’86…In poco tempo il ministero cambiò immagine a partire dal primo piano dove tutti gli ambienti aperti al pubblico e alle delegazioni straniere erano ora pieni di opere. E visto che altre ne arrivavano, si dovette inserirle anche negli uffici, e poi non bastò più un piano e si cominciò a salire al secondo, al terzo…Oggi tutti i piani del ministero sono coperti di opere soprattutto: non solo negli spazi condivisi, ma anche negli uffici particolari. Calvesifu peraltro il primo a restare colpito dall’operazione che stavamo portando avanti e a comprenderne l’importanza, a tal punto da aiutarmi facilitandomi i compiti.

Un altro elemento chiave per la Collezione è stato il comodato d’uso gratuito per le opere. Una formula di prestito altrettanto originale per quegli anni…
Ma questo non fu il frutto di una ‘crisi dell’immaginazione’: non avevamo i fondi e non potevamo pensare a qualcosa d’altro. Questa formula invece dava un enorme vantaggio rispetto all’acquisto: con il prestito gli artisti restano proprietari dell’opera che possono ritirare o sostituire a loro piacimento. Questo processo ha fatto sì che la Collezione Farnesina non fosse un accumulo statico di opere ma una collezione vivente che continua a stupire chi torna al ministero dopo qualche anno di assenza.

Il ministero degli Esteri è stato un precursore dei tempi anche sotto altri aspetti, ce lo conferma?
Quando noi abbiamo iniziato quest’operazione il Museo del ‘900 di Milano non esisteva, così come non esisteva il Maxi di Roma, nato dieci anni dopo, e non esisteva il Museo Madre di Napoli e tanto meno il Mart di Rovereto, inaugurato nel 2002. Siamo stati dei precursori e con mezzi praticamente inesistenti abbiamo creato una Collezione che oggi ci viene invidiata da tutti. Nessun altro ministero degli Esteri al mondo ha qualcosa di simile, e nessun altro ministero italiano, neppure il ministero della Cultura, ha qualcosa di simile al suo interno. Siamo un po’ eccezionali…

Quale impatto ha avuto la Collezione?
Questa collezione ha avuto un duplice effetto: è riuscita a colpire l’immaginazione dei ministri e delle delegazioni straniere in visita da noi. Ho sentito Madeleine Albright (segretaria di Stato degli Usa dal 1997 al 2001) esclamare di stupore sullo scalone. Volle vedere tutte le opere esposte mentre l’ex ministro degli esteri francese Hubert Vedrine si chiese se il Quai d’Orsay non dovesse imitarci dimenticando però che il loro edificio in stile napoleonico, ricco di stucchi e decori, poco si prestava ad ospitare opere contemporanee. Al contrario della Farnesina che è un contenitore perfetto. 

Qual è stato il senso di un tour asiatico per le opere della Collezione? 
Dobbiamo anzitutto al talento impareggiabile di Achille Bonito Oliva la scelta di 71 opere, su 700 che compongono la Collezione. Scelta non facile perché l’obiettivo era quello di
rappresentare l’intero panorama a artistico italiano dal ‘900 ai nostri giorni e far vedere che l’Italia non ha mai conosciuto epoche nelle quali non c’è stato un progresso straordinario nelle arti e nelle scienze. Tutti conoscono del nostro Paese soprattutto per le antichità romane, il Rinascimento e il Barocco, ma trascurano le epoche attuali e sbagliano perché in realtà anche il ‘900 ha conosciuto grandi maestri di cui bisognerebbe conservare con maggiore cura il ricordo. Inoltre abbiamo dimostrato come un ministero degli Esteri, al di là dei colloqui politici, delle collaborazioni economiche e in altri ambiti, ha anche la possibilità di usare un’ ‘arma’, quella definita con l’espressione americana ‘soft power’: l’arte è più leggera, giocosa, attira l’attenzione e facilita il dialogo. In qualche modo introduce nel discorso più duro, quello degli interessi, un tema che è molto consono al nostro Paese. La nostra nazione da sempre ha esercitato un’influenza che va ben oltre a quelle che sono le sue dimensioni, le sue forze e le sue ricchezze. Abbiamo fatto vedere che in pochissimo tempo un ministero degli Esteri è stato capace di opere d’arte che fanno vedere un modo di vivere italiano diverso. La nostra Collezione non è certamente un ‘museo’ ma segnala una curiosità avvertita anche dalla diplomazia italiana.

AGI – Dal 14 settembre fino al 26 ottobre, per un totale di nove serate, la Soprintendenza Speciale di
Roma apre in via straordinaria le Terme di Caracalla dalle 20 alle 22, con due diverse modalità di
fruizione: una passeggiata “libera” nei sotterranei e nel Mitreo, oppure una visita guidata che
consentirà anche di scoprire le Terme di Caracalla in superficie, tra le palestre, la natatio, il
frigidarium e gli splendidi mosaici.

«Le visite serali alle Terme di Caracalla sono un appuntamento a cui sono affezionati i visitatori –
spiega Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma – e che si rinnova ogni estate e autunno.
Ad attrarre i turisti e soprattutto i romani è il fascino del più importante impianto termale imperiale
che si svela alla luce del crepuscolo e della notte: una opportunità unica di accedere al
monumento oltre l’orario consueto di apertura».

Un’occasione unica per conoscere le maestose rovine al chiaro di luna, ma anche per scendere
nei sotterranei, fulcro della vita delle terme, insieme al Mitreo due luoghi ricchi di fascino, non
sempre accessibili al pubblico.

Nella penombra della sera, si ammanteranno di una nuova magia
anche le fotografie in bianco e nero di Letizia Battaglia che, fino al 5 novembre, saranno in
esposizione negli spazi delle Terme all’interno della mostra Letizia Battaglia Senza fine.

«Dopo i successi delle aperture straordinarie della Domenica al museo, e l’importante riscontro
della mostra ancora in corso dedicata a Letizia Battaglia, le Terme di Caracalla – commenta Mirella
Serlorenzi, direttore del sito
– si preparano ad accogliere i visitatori nell’orario notturno,
proponendo un’offerta culturale sempre nuova e ricca di vitalità, prima delle novità in serbo per
la stagione autunnale. Conservati per circa due chilometri, i sotterranei erano un labirinto di
grandi gallerie carrozzabili, 6 metri di altezza per 6 di larghezza all’incirca, dove si trovavano
depositi di legname, un mulino, l’impianto di riscaldamento con i forni e le caldaie, ma anche
quello idrico».

Le visite serali permettono di passeggiare nel sontuoso parco delle Terme tra i grandi ambienti
dove sono ancora visibili meravigliosi mosaici ancora nel luogo dove furono realizzati. Nei
sotterranei i visitatori potranno vedere le raffinate e funzionali tecniche ingegneristiche del
mondo romano, non solo per le possenti fondazioni, ma per la modernità della macchina termica
e idraulica che alimentava l’intero impianto, il riscaldamento delle acque e degli ambienti al piano
terra e in quello superiore.

AGI – I Maneskin, la pluripremiata band romana, porta a casa il premio ‘Best Rock’ al gala dei Video Music Awards (Vma) dell’emittente musicale Mtv, che si è svolto in New Jersey, per ‘The Loneliest’.

Straordinaria e molto applaudita la performance del gruppo rock che ha cantato il suo ultimo successo, ‘Honey (are u coming?)’.

Proprio durante l’esibizione, molto elettrizzante, Taylor Swift -premiata per ‘Anti-Hero’ con la Song Of The Year-ha mandato un bacio plateale a Damiano. 

AGI – Un dipinto di Vincent Van Gogh rubato tre anni e mezzo fa in un museo olandese, in piena pandemia di Covid-19, è stato ritrovato dal noto detective Arthur Brand, soprannominato ‘l’Indiana Jones del mondo dell’arte”. A darne notizia è stata la polizia locale, precisando che “Arthur Brand, in cooperazione con la polizia olandese, ha risolto il problema. è sicuramente quello vero, su questo non ci sono dubbi”.

La conferma è arrivata dalla stessa pinacoteca che aveva subito il furto, il 30 marzo 2020, quando era chiusa per le restrizioni legate alla pandemia, precisando che “Il Giardino di Primavera” ha “subito danni ma, a prima vista, sta comunque in buone condizioni”.

Il furto avvenuto durante un prestito

L’opera dipinta dal maestro olandese nel 1884, dal valore stimato tra tre e sei milioni di euro, raffigura il giardino della casa parrocchiale di Nuenen, dove Van Gogh visse con la madre e il padre, parroco del luogo che gli offrì la pace e l’ispirazione.

Al momento del furto, la tela era stata data in prestito al Museo di Groninga dal Museo Singer, nella città di Laren, per una mostra temporanea dedicata alla collezione della famosa coppia William e Anna Singer. 

Come è avvenuto il recupero

Il furto del dipinto di Van Gogh in pieno coronavirus fu al centro della cronaca per il modo e il momento in cui era stato derubato. Per lo svolgimento dell’indagine penale le autorità hanno mobilitato un’intera squadra di investigatori criminali ed esperti d’arte, con tanto di droni per cercare di recuperarlo, ma invano. Una storia davvero rocambolesca e a lieto fine grazie a Brand, famoso per essere riuscito a ritrovare decine di capolavori rubati o misteriosamente scomparsi.

Il detective d’arte è solito lanciare appelli in determinati ambienti per ottenere la restituzione delle opere, che spesso portano ad ottimi risultati. È accaduto anche questa volta con “Il Giardino di Primavera”, finito tra le mani di un’organizzazione criminale che intendeva utilizzarlo come strumento negoziale in una trattativa per ridurre la pena detentiva in un caso di condanna.

Brand ha negoziato con l’organizzazione ma non era ancora riuscito a recuperare il dipinto, fino a quando, lo scorso fine settimana, un uomo rimasto anonimo per motivi di sicurezza, lo ha contatto in piena notte ad Amsterdam per consegnarglielo “in tutta discrezione”.

Un video ripreso dallo stesso detective lo ritrae con in mano un borsone blu dell’Ikea, con al suo interno un pacco ricoperto da carta bolle per imballaggio e ben sistemato nella fodera di un cuscino.

Nel mezzo del salone di casa l’investigatore ha aperto il pacco lasciato dall’uomo misterioso e, a sua grande sorpresa, ha scoperto che si trattava del Van Gogh ricercato da tre anni e mezzo. “È stato uno dei piu’ grandi momenti della mia vita”, ha raccontato Brand, visibilmente emozionato.

“Il dipinto riporta effettivamente qualche danno, tuttavia, ad una prima visione, è in buone condizioni. La questione sarà oggetto di un’indagine scientifica prossimamente, presso il Museo Singer”, ha commentato la direzione. Non sa ancora come esporre “Il Giardino di Primavera” appena ritrovato, pertanto “forse ci vorrà qualche settimana o mese” prima che il pubblico possa nuovamente ammirare questo capolavoro di Van Gogh. 

AGI – La tanto attesa biografia di Elon Musk descrive il magnate come un uomo trascinato dai demoni della sua infanzia, ossessionato dall’idea di portare la vita umana su Marte e che esige che il suo staff sia “incondizionato”. “Elon Musk” è scritto dal biografo Walter Isaacson, ex redattore capo della rivista Time, noto per il suo ritratto di successo del co-fondatore di Apple Steve Jobs e per le sue ricerche sulla vita di Albert Einstein e Leonardo da Vinci.

I media americani hanno avuto accesso al libro di oltre 600 pagine prima della sua pubblicazione ufficiale in tutto il mondo oggi e ne sono stati rilasciati diversi estratti. A poche ore dal lancio su Amazon, i preordini avevano già reso “Elon Musk” il libro piu’ venduto del sito negli Stati Uniti. Gran parte dei primi anni di vita del miliardario sono già ampiamente conosciuti, con l’attenzione focalizzata sul padre violento e manipolatore Errol, che Musk disprezza.

La biografia suggerisce che Musk sia mosso da quella che il suo ex partner, il cantante canadese Grimes, chiama la “modalità demone”, che, secondo Isaacson, lo rende altamente produttivo. Molte delle incognite della storia provengono da un periodo più recente, quando Isaacson seguiva da vicino il suo protagonista avendo accesso diretto alla sua vita quotidiana.

Un passaggio ampiamente diffuso racconta come Musk abbia personalmente sventato un piano militare ucraino per effettuare una mega-operazione in Crimea negando l’accesso a Internet a Starlink, la sua società di connessione satellitare, provocando una risposta rabbiosa da parte di Kiev.

Ma Isaacson è stato costretto a ritrattare la sua descrizione dell’episodio dopo che Musk ha assicurato che l’accesso a Starlink non era ancora operativo in Crimea, sito strategico del conflitto russo-ucraino, al momento della sua decisione. L’acquisizione caotica a di Twitter da parte di Musk, ora rinominato come X è un altro tema ricorrente nel racconto di Isaacson come le tendenze vendicative di Musk nei confronti di scettici e critici.

AGI – Stasera dopo 11 giorni di grande cinema, si conclude la Mostra di Venezia con la consegna del Leone d’Oro e degli altri premi più importanti.

Favorito d’obbligo è il film che ha maggiormente impressionato la critica e il pubblico è ‘Poor Things (Povere creature)’ del regista greco Yorgos Lanthimos: proiettato nella giornata di venerdì 1 settembre ha ricevuto dieci minuti di applausi ed è stata apprezzata in maniera particolare l’interpretazione di Emma Stone (favorita d’obbligo per la Coppa Volpi). Altre quattro pellicole potrebbero contendere, secondo la critica, il Leone d’Oro al regista greco. A partire da ‘Io capitano’ di Matteo Garrone – che si è già portato a casa il Leoncino d’Oro Agiscuola e il Premio Pasinetti del Sngci – il cui racconto dalla parte dei migranti di un viaggio della speranza dal Sudan all’Italia interpretato da attori africani e recitato in sudanese e francese è piaciuto molto.

Altro candidato forte è ‘The Green Border’, il nuovo film di Agnieszka Holland che tratta l’attualissimo tema dei migranti intrappolati tra Bielorussia e Polonia, rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea e si trovano nel mezzo di una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukanko.

Gli altri due film che completano il quartetto dei rivali più accreditati a ‘Povere creature’ sono il film del grande regista giapponese Rysuke Hamaguchi, ‘Aku Wa Sonzai Shinai (Evil does not Exist)’ che racconta l’arrivo da Tokyo di due rappresentanti di un’azienda che vorrebbe costruire un glamping nel bosco a pochi passi da casa di Takumi, un’offerta che se accettata potrebbe alterare in maniera drastica il suo stile di vita e quello degli altri abitanti. Poi c’è ‘Maestro’ di e con Bradley Cooper.

Appuntamento è per questa sera alle 19 per la cerimonia di premiazione condotta da Caterina Murino a cui seguirà la proiezione di ‘La sociedad de la nieve’ del regista spagnolo Juan Antonio Bayona, presentato fuori concorso. La giuria ‘Venezia 80’, presieduta dal regista americano Damien Chazelle, assegnerà ai lungometraggi in concorso i seguenti premi ufficiali: Leone d’Oro per il miglior film, Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria, Leone d’Argento – Premio per la migliore regia, Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile, Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, Premio Speciale della Giuria, Premio per la migliore sceneggiatura, Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente.

La giuria del Premio ‘Venezia Opera Prima’ presieduta dalla regista francese Alice Diop assegnerà senza possibilità di ex aequo, tra tutte le opere prime di lungometraggio presenti nelle diverse sezioni competitive della Mostra (Selezione ufficiale e Sezioni Autonome e Parallele), il Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”, e un premio di 100.000 dollari, messi a disposizione da Filmauro, che sarà suddiviso in parti uguali tra il regista e il produttore. La giuria ‘Orizzontì presieduta dal regista italiano Jonas Carpignano assegnerà – senza possibilità di ex-aequo – i seguenti premi: Premio Orizzonti per il miglior film, Premio Orizzonti per la migliore regia, Premio Speciale della Giuria Orizzonti, Premio Orizzonti per la miglior interpretazione femminile, Premio Orizzonti per la migliore interpretazione maschile, Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura, Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio. 

AGI – Offrire allo spettatore “un’occasione per acquisire maggiore consapevolezza su vicende non così all’attenzione della cronaca quotidiana ma invece molto incisive ancora oggi per definire la situazione italiana nello scenario internazionale”. È l’obiettivo, spiega all’AGI Fabrizio Zappi, direttore di Rai documentari, di un ciclo autunnale di programmi tra settembre e ottobre, otto titoli in tutto, prodotti da Rai documentari e proposti ogni venerdì in prime time su Rai 3. Tre di questi titoli sono anche approdati  nella sezione Giornate d’autore dell’80esima Mostra del cinema di Venezia.

La scelta di temi che spaziano dal caso Willy Monteiro al settembre nero dell’affaire ‘Achille Lauro’ “ricade nella nostra mission di servizio pubblico, nel quale l’istituzione all’interno della Rai della sezione documentari è un cardine”, sottolinea Zappi. Già il 27 giugno scorso, in quest’ottica, per l’anniversario di quella strage, la Rai aveva proposto il documentario su Ustica premiato anche dal pubblico a Bologna. Tema rimbalzato in questi giorni all’attenzione dell’opinione pubblica, dopo le dichiarazioni dell’ex sottosegretario dell’epoca Giuliano Amato a Repubblica.

“Noi incarniamo il servizio pubblico svolgendo questa funzione di riportare alla luce e ricostruire in modo accurato eventi cruciali di ieri per comprendere anche l’oggi –  ribadisce il dirigente – ogni documentario è un tassello di questa ricostruzione della nostra storia recente“. Non a caso il secondo titolo, in onda il 15 settembre, è ‘1985 allarme Mediterraneo’, dedicato a quanto accaduto tra settembre e ottobre di quasi quarant’anni fa, scritto e diretto da Giovanni Filippetto, “il ritratto di un quadro geopolitico di un’epoca in cui Mediterraneo era centrale e nevralgico“.

La nuova stagione di programmazione documentaria della Rai parte stasera dunque con una indagine, un approfondimento d’autore (lo scrittore Aurelio Picca) su una vicenda che ha acceso i riflettori sulle periferie, in particolare su Colleferro e dintorni, tre anni fa, che arriva quasi a ridosso del terzo anniversario della morte del ragazzo. Si prosegue appunto con ‘1985 allarme Mediterraneo’; e si continua tra le Quattro giornate di Napoli, prima città che riuscì a liberarsi dal dai tedeschi; il caso Tortora; la figura di Enrico Mattei, tanto per citarne alcuni.

“Per noi è un onore questa presenza a Venezia – spiega Zappi – la interpretiamo come un riconoscimento della qualità dell’offerta televisiva Rai che trova un consenso nella critica cinematografica”. Come era già accaduto del resto con il Nastro d’argento del sindacato giornalisti cinematografici per il progetto su Ennio Flaiano. “La Rai alcuni anni fa, nel 2020, prese la decisione di creare una sezione documentari per produrre e acquisire materiali specifici per la destinazione televisiva – racconta il direttore generale – Rai cinema realizza invece produzioni cinematografiche. I nostri sono ambiti separati, mirati, non c’è competizione ma anzi collaborazione. Abbiamo ben chiare la diversità di destinazione, che si rispecchiano in diversità di registri linguistici e diversità di scelte di tema”.

E i temi scelti e proposti nelle prossime settimane dalla TV di servizio pubblico “ripercorrono in maniera approfondita eventi che hanno avuto una ricaduta anche internazionale e che vedono protagonista in positivo l’Italia. Credo che la nostra collana di documentari faccia gettare uno sguardo, con un livello di scavo assolutamente superiore a quello che è possibile alla cronaca, su eventi cruciali del ‘900, per comprendere meglio anche l’Italia di oggi, consentendo di costruire una memoria collettiva. Ogni documentario è un tassello nella ricostruzione della nostra storia recente”, conclude Zappi.

AGI – Esce in libreria per Gremese, nella sua prima traduzione italiana, “Elon Musk. Innovatore, imprenditore e visionario” (pagg. 224; prezzo: 16 euro), il saggio di Chris McNab dedicato a uno degli imprenditori di maggior successo del pianeta.

Un volume che ne ripercorre la vorticosa carriera a partire dal 1995, anno della creazione della società di software Zip2, venduta poco dopo a 307 milioni di dollari, e che segue un percorso analitico passando per l’avventura della banca online X.com (da cui fu generata PayPal), Tesla (Musk fu tra i primi ad investire in veicoli elettrici), e varie aziende di successo come SolarCity, Neuralink, The Boring Company, SpaceX, fino al recente ingresso nel territorio dei social media, con l’acquisto di Twitter il cui nome è stato cambiato ovviamente in X.

Uno studio lucido e dettagliato in cui McNab, autore e editor che in vent’anni di carriera ha scritto oltre 100 libri sulla storia e sul mondo militare, esamina il background e l’ascesa dell’imprenditore sudafricano ricostruendone le molteplici angolature ed evidenziando tanto le provocazioni quanto le non poche decisioni controverse che la sua brillante e complessa personalità ha affrontato nel tempo. Una lettura illuminante per aspiranti imprenditori e per chiunque voglia conoscere meglio uno dei protagonisti assoluti dell’epoca contemporanea, leader tra i più influenti nel settore neuro-tecnologico, aerospaziale, dell’intelligenza artificiale e delle energie rinnovabili, nonché imprenditore più ricco al mondo.

Una vorticosa ascesa

Ha fondato Zip2, X.com, SpaceX ed è stato uno dei primi a investire in veicoli elettrici con Tesla Inc, oltre che in numerose altre aziende come SolarCity, Neuralink e The Boring Company. In questo volume, McNab esamina il background di Musk e ripercorre nascita e sviluppo del suo impero commerciale, inclusa la recente acquisizione di Twitter. Uno studio lucido e dettagliato, una lettura illuminante per aspiranti imprenditori e per chiunque voglia conoscere meglio uno dei protagonisti assoluti dell’epoca contemporanea.

“L’ambizione e l’intuito ingegneristico di Eleon Musk – ricorda l’autore – si incrociano, con tempismo fortuito ma perfetto, alla crescita di Internet”. Ed è di grande interesse la riflessione di Musk che sulla cultura d’impresa rileva come vi sia un problema di conformismo aziendale, con la sua attenzione alla finanza e agli azionisti piuttosto che allo sviluppo e all’innovazione dei prodotti.

“Qual è il senso di avere un’impresa? Perché averla? Una società è un’assemblea di persone radunate per creare un prodotto o un servizio e distribuire quel prodotto e quel servizio. A volte questo si perde di vista. Un’azienda non ha alcun valore di per sé. Ha valore solo nella misura in cui distribuisce efficacemente le risorse e crea beni e servizi che valgono più dei costi e delle materie prime”, spiega. Musk, ricorda l’autore, è “una figura controversa, su questo non c’è dubbio. Aprite una pagina a caso di qualunque capitolo della sua vita e troverete una storia personale, un aneddoto o una polemica che prendono altrettanto spazio delle sue imprese professionali. Ad esempio la sua vita sentimentale, in particolare, è stata analizzata sotto il microscopio”.

E come non ricordare le controverse dichiarazioni sul Covid-19 in cui affermava che il panico “è una scemenza”. Ma al netto di questo, conclude l’autore “ha ripetutamente seguito la logica, il rischio e l’ambizione ovunque lo conducessero, acquisendo conoscenza lungo il cammino e facendo quello che c’era da fare per portare a termine il lavoro. Così come stanno le cose, una parte significativa del nostro futuro potrebbe in qualche modo essere connessa ai traguardi di Elon Musk”.

AGI – Quattro ore e mezza a notte, per un totale di poco più di 31 ore a settimana, è il tempo totale di sonno che mamma e papà perdono nel solo primo anno di vita del loro figlio. A rivelarlo una ricerca promossa da Silentnight, il più grande produttore britannico di materassi e letti.

Secondo la ricerca, in 12 mesi sono circa 975 le volte che i genitori si alzano di notte, quasi tre volte a notte che arrivano a quattro quando i genitori hanno meno di 25 anni. Le madri sono le più colpite, rinunciando in media a cinque ore, rispetto alle tre ore e mezza dei padri. Anche per gli uomini è più facile riaddormentarsi: sette su dieci riescono a riposare dopo essere stati svegliati, rispetto ad appena il 44% delle donne.

Lo studio ha rilevato che questo è spesso dovuto al fatto che gli uomini si assentano meno dal lavoro dopo il parto e quindi, il loro corpo mantiene una routine di sonno più regolare rispetto alle mamme, che ottengono permessi prolungati fino a 12 mesi. Gli autori sottolineano anche che l’allattamento al seno è un fattore importante nelle mansioni notturne, per cui le donne sono chiamate in causa più degli uomini. Nel sondaggio, condotto da Silentnight, su cinquecento genitori con bambini al di sotto dei cinque anni, la risposta più comune è stata la fame o la sete dei piccoli, che ha rappresentato più della metà delle chiamate di soccorso notturne, seguita dalla dentizione, ovvero il processo di sviluppo e collocazione dei denti con il 41% e dalla necessità di andare in bagno con il 37%.

Una mamma e un papà su tre, secondo le stime, impiegano più di mezz’ora per lasciare il bambino.

“Prendersi cura di un bambino o di una bambina può avere un impatto significativo sulla qualità del sonno di mamme e papà, soprattutto nei primi mesi dopo la nascita”, ha dichiarato Hannah Shore, esperta di sonno di Silentnight, Le mamme che scelgono di allattare al seno si svegliano naturalmente più spesso dei papà durante la notte, e, di conseguenza, imparano meglio a riaddormentare il bambino. Questo significa che anche quando il piccolo non ha bisogno di essere allattato, è più probabile che la mamma si alzi perché riesce a tranquillizzarlo più velocemente. Tutti accettano che la qualità del sonno si riduca dopo essere diventati genitori.

“Tuttavia – avvertono i ricercatori – se vi sentite giù di morale, di cattivo umore e non riuscite a farcela, dovete trovare un modo per dormire di più, o almeno per riposare di più”. “Ricordate che prendersi cura di sé stessi è essenziale per accudire efficacemente il neonato”, hanno aggiunto gli autori. “Dare la priorità al riposo e cercare aiuto quando è necessario sono tutti aspetti cruciali per garantire il vostro benessere durante questo periodo impegnativo”, hanno consigliato gli scienziati. “E ricordate – hanno concluso gli autori – se possibile, di chiedere aiuto a chi vi sta vicino; avere un figlio non è facile, ed è giusto chiedere una mano ogni tanto”. 

AGI – Ventidue mostre, 9 festival, 12 spettacoli e reading, ben 175 presentazioni e aperture straordinarie delle biblioteche. È il programma per Genova Capitale del Libro 2023, illustrato nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi. Fino ad aprile 2024 sono in programma una serie di iniziative – letture pubbliche, esposizioni, eventi di promozione della lettura, interventi alle biblioteche cittadine, progetti rivolti a scuole e famiglie e tanto altro – che coinvolgeranno l’intera città e il mondo della cultura genovese.

L’elenco completo delle iniziative è sul sito www.visitgenoa.it. Tra gli obiettivi, la promozione la cultura del libro, il potenziamento del sistema bibliotecario urbano e dell’accessibilità del patrimonio librario, la diffusione della conoscenza del patrimonio culturale genovese attraverso i libri.

“A pagine spiegate!” è il tema progettuale che ha portato la giuria del Ministero della Cultura a scegliere Genova come Capitale Italiana del libro 2023, raccogliendo la staffetta da Ivrea e ancora in precedenza da Vibo Valentia e Chiari (BS). Il titolo scelto deriva dal linguaggio marinaro e dalla tradizione marittima, spina dorsale dell’identità della città: così come le vele si spiegano per raccogliere il vento e spingere le imbarcazioni verso nuovi lidi, esplorazioni e avventure, così le pagine dei libri si spiegano per diventare accessibili, dare forma a storie e memoria ed essere strumenti di conoscenza, valorizzazione, cittadinanza attiva e partecipata.

“Non soltanto la vastità dell’offerta, ma anche la varietà degli eventi rispecchia l’essenza del libro come strumento versatile e poliedrico, in grado di diventare veicolo di inclusione sociale con un ruolo cruciale nella crescita civile di una comunità”, spiega il Comune. Ambasciatrice d’eccezione dell’iniziativa è Jhumpa Lahiri, vincitrice del Premio Pulitzer per la narrativa con L’interprete dei malanni nel 2000.

“Un simile progetto, oltre a sottolineare la forza di un territorio, permette di tendere i ponti tra culture e diversi luoghi del mondo. Un ponte che contribuirò a costruire e percorrerò per portare la ricchezza di Genova Capitale del libro a New York – ha spiegato Jhumpa Lahiri – Credo che unendo gli enti sul territorio, i presidi sociali e culturali, soggetti pubblici e privati nel riconoscimento e nella promozione del valore del libro e della lettura, il progetto possa diventare un vero e proprio attivatore di futuro. Ciò che più mi ha colpita di Genova Capitale del Libro è proprio la sostanza, la sua attivazione dal basso, oltre qualsiasi apparenza. Sono certa marcherà un passo fondamentale nella cultura legata al libro grazie a questo suo essere motore di aggregazione di generazioni diverse, di fasce a volte distanti della comunità e di realtà differenti”.

Come Capitale del Libro 2023, Genova ospiterà grandi nomi della letteratura italiana e internazionale, come il Premio Nobel Orhan Pamuk, la scrittrice messicana Guadalupe Nettel. Tra gli eventi, Palazzo Ducale ospiterà dal 15 ottobre al 7 aprile la mostra Calvino cantafavole, in occasione del centenario della nascita dello scrittore. Il percorso scenografico è realizzato da Fondazione Luzzati Teatro della Tosse. 

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